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“Lu canistraru”. ( Il canestraio o cestaio)


In estate o nelle lunghe e fredde serate invernali, quando il lavoro nei campi era meno impellente, i contadini si dedicavano alla realizzazione di panari, panarieddi e canistri. Ma oltre a questi artigiani occasionali, c’era lu mestru canistraru, che aveva una bottega, dove esercitava quotidianamente questo mestiere. Egli confezionava diversi tipi di oggetti non solo ad uso di campagna, ma anche eleganti cestini che le donne utilizzavano, dopo averli ricolmi di dolci, come regalo nelle feste dell’anno. Il mestiere del cestaio, oltre che bravura, richiedeva anche inventiva, sia nell’utilizzo dei materiali, che nelle forme di realizzazione del manufatto stesso. Il canestraio (o cestaio), andava alla ricerca di numerosi materiali, come i rami di salice, le canne grandi e piccole, li vinchji o sabbracaviddi, cioè i polloni cresciuti in estate su tronchi degli ulivi, ma anche i gambi del grano duro, che si raccoglievano dopo la mietitura e si mettevano in ammollo, per renderli malleabili durante la lavorazione. La bottega del cestaio non richiedeva molto spazio o utensili particolari, se non lo spazio per depositare il materiale, utilizzando le cesoie e il coltello da innesto, oltre ad un falcetto per pulire le canne, passava all’intreccio prima del fondo del paniere, fatto di vinchjitieddi, poi iniziava a lavorare, in senso circolare, l’alzata del paniere stesso. Continuamente bagnava il materiale per scorticarlo e lavorarlo più facilmente, in modo che la tessitura fosse più facile da farsi. Più complesso era il momento del lavoro a treccia per i manici e l’orlo, che a volte aveva la chiusura, fatta da un cerchio di paglia intrecciata. Questo mestiere è ormai quasi scomparso: oggi infatti tali oggetti sono realizzati in plastica o altri materiali sintetici.

Tratto da C’erano una volta i mestieri, Pubblicazione dell’Istituto Tecnico Industriale “Del Prete” di Sava. Anno 2000.

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