Chiesa dell’Immacolata.

La chiesa dell’Immacolata Concezione, sorta al posto della cappella della Madonna delle Grazie costruita nel 1530, risale forse al 1660. Vero è che nel centro dell’arco maggiore vi si legge 1674, data con la quale si volle indicare l’epoca del totale compimento della chiesa o dello stucco, mentre la congregazione vi funzionava fin dal 1660. Gode questa congregazione il privilegio dell’origine del Digiuno dell’Immacolata, tanto proficuo di grazie. La chiesa ha la facciata rettangolare. Sul portale vi è il fastigio con la statua dell’Immacolata. L’interno è ben proporzionato con l’altare maggiore barocco riccamente scolpito e abbellito da tre altari laterali. In uno di essi, quello dedicato alla Vergine delle Grazie, si vede la pittura della medesima Vergine con sotto i due Santi Vescovi Donato e Liborio… Secondo altare è quello di S. Nicola con apposto il quadro della Presentazione di Maria Vergine al Tempio. Terzo, l’altro dell’Immacolata, probabilmente doveva essere quello ove attualmente sorge la nicchia con la bella scultura in legno dipinto dell’Immacolata Concezione…L’ultimo altare è quello di S. Carlo Borromeo nel quale si conserva ancora la statua che un tempo si venerava nella Collegiata.

Il Digiuno dell’Immacolata

La tradizione delle pettole e delle nove pietanze.

Non tutti sanno che in passato, alla vigilia della festa dell’Immacolata, si osservava per tradizione il digiuno a pane e acqua. È sorprendente scoprire come l’origine della tradizionale pratica devozionale sia nata proprio a Manduria nel XVII secolo. Vi è una descrizione di tale rito nell’opuscolo scritto dal compianto Elio Dimitri, edito da Barbieri, dal titolo: “Il Digiuno dell’Immacolata (da un lontano borgo del Salento a tutto il mondo cristiano) Brevi cenni storici”.

Statua dell’Immacolata posta al centro dell’Arco o Porta di S. Angelo. (Ai lati della Vergine vi sono le statue dei comprotettori di Manduria: San Gregorio e San Carlo Borromeo).

Sembra incredibile come una manifestazione di fede ormai universalmente diffusa, quale è quella del Digiuno in onore dell’Immacolata Concezione, abbia potuto avere origine in un lontano e quasi sconosciuto paese del Sud: Casalnuovo, oggi Manduria, la cittadina dove nel XVII secolo prese l’avvio la pratica devozionale del Digiuno a pane e acqua in onore dell’Immacolata Concezione, diffuso poi in tutto il mondo cristiano.

Frontespizio del Librone Magno del Digiuno. (Il prezioso documento è stato affidato in custodia dalla Confraternita alla Biblioteca civica «M. Gatti»)

A conclusione della giornata di digiuno si gustavano le prime pettole: “Ti la ‘Mmaculata, la prima mpittulàta”. L’origine della pettolata è legata alla leggenda secondo la quale una donna, mentre impastava il pane per sfamare i propri figli, vide una folla avviarsi a venerare Gesù Bambino. Volle seguirla pure lei, lasciando l’impasto ben coperto. Al ritorno, la pasta era tanto lievitata da essere inutilizzabile come pane. Alla sua disperazione risposero i vicini offrendole olio di frantoio in cui friggere quella morbida pasta: erano nate le pettole.

A conclusione del digiuno, la notte dell’Immacolata, si potevano gustare nove pietanze, simbolo del meglio delle prelibatezze del periodo e dell’agricoltura. Le nove pietanze erano composte da: broccoli in pastella, pettole, baccalà, frutta, pasta con i cavoli e il pane grattato, formaggio (riservato a pochi), frutta secca, pesce e tanto vino novello.

Walter Pasanisi

Manduria scossa dal terremoto salvata dall’Immacolata.

Alle ore 23:30 di mercoledì 23 febbraio 1743, la terra tremò per quasi 7 minuti. Il sisma interessò la Dalmazia, la Sicilia, la provincia di Bari e la Terra d’Otranto. Nel Salento e nei dintorni, il violento terremoto causò molte distruzioni e vittime. A Nardò perirono centinaia di persone e la città fu demolita. Francavilla contò 8 decessi. Nella nostra città, invece, vi fu una sola vittima, sepolta sotto le macerie: una giovane donna di nome Angela Argenero, il cui cadavere fu seppellito nella chiesa madre. Anche se lo smottamento tellurico non fu tanto intenso come altrove, a Manduria molte case furono distrutte dalla violenza del terremoto; tra esse, anche alcuni edifici e stabili importanti subirono gravi danni. Il palazzo Imperiali crollò nella sala d’aspetto, mentre quello del Marchese Bonifacio fu distrutto per metà. Della Collegiata andò distrutta la tettoia (che rimase sconnessa) e metà del campanile, il cui crollo sotterrò le case circostanti. Più tardi, i lavori di restauro, abbellimento e ingrandimento della Chiesa Madre furono affidati a mani esperte di restauratori dell’Università di Casalnuovo, mentre agli intonaci provvide il clero. Subirono danni anche il convento dei Passionisti Servi di Sant’Angelo e le strutture delle Religiose Servite, dove le pareti si lesionarono. A causa della terrificante scossa, quella notte d’inverno, molte persone trascorsero la notte all’aperto, prese dal panico, mentre alcune si allontanarono dalla città per rifugiarsi nelle più sicure campagne. Il giorno successivo alla tragedia, il popolo manduriano si adoperò per sgomberare tutte le macerie. In preda allo sgomento per quanto accaduto e temendo un nuovo sisma, i nostri concittadini si recarono piangendo verso la chiesa dell’Immacolata per invocare la protezione della Madonna, che, come sempre, non deluse i suoi fedeli. Manduria, infatti, non fu turbata da ulteriori movimenti tellurici. Questo fu attribuito a un miracolo dell’Immacolata. Tale prodigio spinse la congrega di S. Leonardo a titolare la scultura della SS. Vergine con l’appellativo di “Madonna del Terremoto” e a festeggiarla il 21 febbraio con una processione che si è celebrata fino a 40 anni fa. La statuetta che la raffigura, detta “Maculatedda” per le sue modeste dimensioni, è posta in una nicchia della chiesa di S. Leonardo. La devozione dei manduriani nei confronti della SS. Vergine è sempre stata molto ardente. Ne sono testimonianza le varie opere edificate in onore dell’Immacolata, affinché questa continuasse a preservare la città dalle numerose sciagure. L’omonima chiesa, già eretta intorno al 1660, divenne successivamente (nel 1664) un rifugio spirituale per la città, funestata da un’altra sventura. Lo stesso “Arco di Sant’Angelo”, eretto dalla città per affidare Manduria nelle mani della Vergine Maria, fu costruito in segno di gratitudine per la sua intercessione nella liberazione dai fulmini. Tutte queste opere e altre ancora sono divenute simboli importanti di gratitudine verso la Madonna, da sempre riferimento per gli smarriti, guida per i fedeli e conforto per gli afflitti.

Walter Pasanisi

Manduria Sacra  di L. Tarentini, nuova edizione a cura di Elio Dimitri. Barbieri Editore. Anno 2000.