In mezzo ad una suggestiva cornice, rappresentata da un intrico di viuzze, vicoli ciechi, piazzette minuscole, si stacca il complesso di case, noto a Casalnuovo come la “Giudecca” più tardi “Ghetto degli Ebrei”. Questo insieme di fabbricati, quasi tutti senza finestre e dai camini sporgenti sulle facciate, è situato frontalmente alla Chiesa Madre ed è tutt’ora perfettamente conservato. Sono visibili ancora tre archi di tufo che chiudevano il Ghetto. Il primo è rivolto a Sud e reca la data 1602, il secondo è rivolto ad Est ed il terzo ad Ovest, comunicante con l’antica via delle Carceri Vecchie. Secondo il Tarentini, “il Ghetto ebbe a Manduria esistenza dal XIII al XVII secolo ed a suo tempo restava isolato dal resto dell’abitato”…stante l’integrazione di buona parte della colonia ebraica con la popolazione, talché in tale periodo si registrano “cristiani novelli”, vale a dire Ebrei convertiti… Alla fine del XVI sec., questa libera scelta divenne anche costrizione: le ‘porte’ che servivano per proteggere la riservatezza, divennero ‘barriera carceraria’; queste erano chiuse all’imbrunire e riaperte all’alba, affinché nella notte gli abitanti non propagandassero la loro fede. L’edificio centrale del complesso, pregevole per la nobiltà dello stile e per gli elementi decorativi che lo caratterizzano, è ancor oggi chiamato comunemente “Sinagoga”. Sempre secondo il Tarentini il Ghetto era delimitato da tre archi di accesso (uno dei quali ancora esistente). Sino al 1939 il Ghetto si identificava col vico degli Ebrei, rinominato dal Fascismo in ‘vicolo Vecchio’.
Bibliografia: Manduria da salvare. Lions Club Manduria. Litografia Antonio Marzo. L.Tarentini, Manduria Sacra. Ristampa Barbieri Editore 2000. Presenza Ebraica in Casalnuovo (oggi Manduria) di Elio Dimitri. Quaderni Archeo. Barbieri Editore 2000. Per le strade di Manduria/Guida Stradario 1997 di Pierluigi Erario.