


Il bosco di li Cuturi, a pochi chilometri da Manduria e dalla costa jonica, è a circa 80 metri sul livello del mare e si estende per 37,5 ettari; quello di la Rosamarina è invece compreso – San Pietro in Bevagna anche esso a circa 80 metri sul livello del mare e si estende per 15 ettari. Del bosco Cuturi quattro ettari sono stati acquistati dalla cooperativa che ha rilevato l’omonimia e attigua masseria, il resto è di proprietà della famiglia Schiavoni di Manduria, che lo comprò nel 1827 dalla famiglia Imperiali. Nel bosco di li Cuturi sono state individuate due aree di interesse archeologico: la prima è posta sul confine Est, prospicente l’omonima masseria, la seconda è ubicata a Nord-Ovest ed è compresa tra il muro di confine e la strada provinciale per San Pietro in Bevagna, che segna il confine ad Ovest. In entrambe le aree sono state messe in luce numerose tombe di epoca messapica, scavate nella roccia. Il bosco di li Cuturi è formato da lecci ben cresciuti, dalla chioma tanto folta da impedire alla luce del sole di filtrare, da vaste zone di macchia bassa e da ampie radure erbose. I lecci costituiscono lo strato arboreo superiore della struttura tipica del lecceto descritta precedentemente. Manca lo strato arborescente inferiore, mentre gli strati arbustivi sono ridotti ad una macchia di solo lentisco, talora tanto folta da impedire il passaggio: tutto ciò è chiaramente frutto dei tagli operati dall’uomo. All’ombra dei lecci, nei posti più umidi e meno calpestai, cresce un denso strato di muschi, qualche piccola felce rupicola e alcune piante a fiori, amanti dell’ombra. Nelle zone completamente disboscate cresce una bassa macchia a prevalenza di lentisco, qualche pianta di sparzio pungente, di oleastro, di mirto, accompagnate da rare piante di biancospino. Il bosco è attraversato da numerosi viottoli, dovuti al continuo passaggio degli innumerevoli frequentatori, e popolate da una interessante microflora composta da comuni graminacee, ma anche da rare orchidacee. Le radure sono spesso di forma circolare e danno l’impressione di essere state ricavate dal taglio di grandi alberi e del loro sottobosco per ricavare spazi adatti al pascolo. In questi spazi erbosi crescono molte piante a fiori tra cui ricordiamo il ranuncolo rosulato, dai fiori gialli, il mentastro, la mintáscina della nostra gente, usata anche come pianta alimentare aromatica, le pratoline, lo zafferano comune, la scilla autunnale, l’orchidea a farfalla, una delle più belle orchidee della flora salentina. Il bosco di la Rosamarina è composto prevalentemente da macchia alta 2-3 metri e numerosi alberi di leccio. In passato in questo bosco crescevano alcuni esemplari di quercia da sughero e l’unico esemplare di frangio ancora vivente. Negli spazi non coperti dai lecci si accalcano tutti gli arbusti e alberelli presenti nella macchia del territorio salentino: il lentisco, lo sparzio spinoso, la filliera, il mirto, l’alaterno, il corbezzolo e il rosmarino, la pianta aromatica che ha dato il nome al bosco, né manca il cisto di Montpellier, che approfitta, come abbiamo già detto, delle ceneri dei suoi compagni e che offre un fungo micorrizico gustosissimo e ricercatissimo, che da lui prende il nome in vernacolo di mucchialúru.
Bibliografia: Quaderni Archeo n. 1 , marzo 1996.