“Agata era tanto bella che pareva avesse dei raggi di sole per capelli, tanto era bionda e luminosa. La giovane amava un bel principe che riamava pazzamente la giovinetta. Questo principe, di nome Rolando, era l’ultimo figlio di un re che, essendo di carattere ingiusto e crudele, aveva stabilito di lasciare non solo l’intero regno ma anche tutte le sostanze familiari al primogenito di nome Giovanni. Allorché Giovanni decise di prendere moglie, ignorando i sentimenti di Rolando, chiese in sposa proprio la principessa . Non valsero i piatti della principessa, né valse l’intercessione degli amici pietosi. Le nozze furono celebrate e Rolando poco mancò che non morisse di dolore. Si rinchiuse nella sua piccola stanza e si abbandonò alla più cupa disperazione. mentre con la testa stretta tra le mani meditava sul suo proprio destino, udì una flebile voce che chiedeva: « Perché piangi? ». Si alzò spaventato poiché nella stanza non scorgeva nessuno, ma la voce nuovamente profferì: «Non temere. Sono il Laùru, lo spirito benefico della casa. E sono venuto per aiutarti . Raccontami le tue pene». Rassicurato, il giovane narrò in lacrime la triste storia d’amore. Il Laùru ascoltò senza interrompere e poi si accomiatò da lui dicendo: «Cerca di mantenere il segreto su questa mia visita e abbi fiducia in me. Io farò sì che possano essere realizzate le speranze del tuo cuore». Intanto, nel palazzo le feste erano finite a tarda notte e gli sposi si ritirarono nella camera nuziale. Un baldacchino di damasco sorretto da colonne tempestate di gemme proteggeva in dolce penombra il candido letto. La sposa, liberandosi lentamente del ricco broccato, vieppiù si immalinconiva e non parlava. Lo sposo, credendo che si trattasse di vago pudore di vergine, non se ne adombrava, anzi, si dimostrava felice. Appena però essi furono coricati, il Laùru saltò sul seno di Agata e questa divenne nera come il carbone e prese a lamentarsi del terribile incubo. Smarrito , il principe, corse a chiamare medici e parenti. Ma nessuna cura serviva a sollevarla. Agata cominciò a languire, a deperire, a sbarrare gli occhi. Fu allora che il re, inorridito dalla sventura toccata alla figlia, convocò i primi scienziati del continente per consultarli sull’oscuro male della principessa. E sapete che cosa risposero gli scienziati? « Il male della principessa è il marito». Il vecchio re, sorpreso ed angustiato, non se lo fece ripetere. Chiamò a se i più fidi scudieri e ordinò loro di rapirlo con uno stratagemma e di rinchiuderlo nottetempo in un sotterraneo dove il poveretto, pochi giorni dopo, morì. Un anno dopo, la principessa Agata non solo era guarita da ogni male, ma rifulgeva di insuperabile grazia nel reame. Indicò al padre chi doveva essere il suo vero sposo e non ebbe a pentirsene”. E vissero felici e contenti grazie al Laùru.
Bibliografia: G. Gigli, Superstizioni Pregiudizi e Tradizioni in Terra d’Otranto. Fiabe Pugliesi . Mondadori 1997.