Il tarantolismo, uno dei fenomeni più appariscenti e studiati del mondo contadino, è stato anche uno dei più sofferti dalla popolazione salentina (…) Fino a qualche decennio fa il fenomeno ha condizionato la vita quotidiana di tanti individui e ha influenzato anche la nostra cultura. Il fenomeno, e tutto ciò che si riteneva legato al morso della tarantola, termine volgare del latrodectus duodecin guttatus. (…) Anche il tarantolismo, pur se ha interessato soggetti di diversa estrazione sociale, è un fenomeno legato al mondo agrario; a quel complesso cioè di credenze, di riti, di comportamenti propri di una civiltà legata alla coltivazione dei campi e al ciclo delle stagioni. Si tratta di riti e tradizioni che il cristianesimo ha fatto propri, trasformandoli e adattandoli alla propria visione della realtà. Il disagio psico-fisico legato spesso alle diverse tappe del ciclo vitale, specialmente al momento della pubertà, il disagio esistenziale, la fatica di vivere di parte delle nostre popolazioni, per lungo tempo sono stati messi in relazione con il morso della tarantola. Poi le teorie psico-analitiche cercarono di inquadrarlo in un contesto più ampio e complesso. Certo è che le sollecitazioni sonore (musica) e/o visive (colori) e/o coreutiche (balli) un tempo furono un modo di manifestare ed elaborare efficacemente il disagio individuale sotto l’ala protettrice della religione (…) “Esistono varie specie di quest’insetto che ha differenti colori, e vi sono due specie di tarantolismo, quello umido e quello secco. Le donne, quando lavorano nei campi di grano, sono più soggette ad essere morsicate a causa delle poche vesti che portano addosso, durante il caldo eccessivo il male si annunzia con una febbre violenta, e la persona colpita si dimena furiosamente in tutti i versi gridando e lamentandosi. Allora subito si fanno venire i musicanti, e se la musica che si suona non incontra la fantasia della tarantata (…), la donna si contorce e si lamenta più forte gridando: “No, no, no questa canzone” I musicanti allora cambiano immediatamente motivo, e il tamburello strepita e picchia furiosamente per indicare la differenza del tempo. Finalmente quando la tarantata trova la musica che fa per lei, si slancia d’un balzo e si mette a ballare freneticamente.” (…) Una commovente canzone popolare in dialetto manduriano che s’accompagna col tamburello e dovrebbe guarire gli ammalati, morsi dalla tarantola o rosi da un dispiacere d’amore, dice: Maliconicu cantu, e allegra mai/ Cacciati fora sti malincunii. / Comu l’aggiu a cacciari, quannu tu sai? / Aia nu cori e lu donai a tei. (…)
Liberamente – Quindicinale di Informazione, Attualità e Cultura; Anno III Numero 14, Il tarantolismo: segno di disagio esistenziale. Pio Bentivoglio 1998 e Anno II Numero 21, Il tarantolismo e il suo Malinconicu cantu… Giuseppe P. Di maglie.