Durante la gravidanza, la donna non si sottoponeva ad analisi o controlli medici. Gli aborti erano frequenti a causa delle fatiche eccessive, ma anche per quelli provocati, soprattutto nel caso di ragazze madri che avevano subito violenze, tramite intrugli vari e metodi casalinghi, con notevoli rischi per la vita. Al momento del parto, la gestante veniva assistita in casa dalla mammàra (levatrice). Solo in rari casi veniva chiamato il medico. Talvolta il ruolo della levatrice veniva svolto da un’anziana donna esperta, che aveva già assistito molte altre donne durante il parto. Erano presenti alla nascita la madre e la suocera della partoriente, e talvolta anche qualche sorella maggiore o cognata sposata, mentre il marito, in trepidante attesa, si trovava nella stanza accanto, quindi vicino, ma non presente.
A Manduria, se una donna affrontava un parto difficile, la mammàra andava nella chiesa di San Leonardo, prendeva una catena custodita in una piccola cassetta e la sistemava intorno alla gola e sul ventre della partoriente, mentre suonava la campana per annunciare che una donna stava per partorire. Le devote si inginocchiavano per una breve preghiera, affinché il bambino nascesse sano. Il parto avveniva sul letto, su un tavolo o tra due sedie; in seguito, quando le reti sostituirono le assi del letto, tra la rete e il materasso veniva messa lu taulieri, la tavola per impastare. Le contadine, che lavoravano nei campi fino al giorno prima del parto, spesso partorivano sul traino, in condizioni molto precarie.
Dopo il parto, la levatrice, che da quel momento veniva chiamata cummarì, accudiva madre e figlio per circa dieci giorni, finché il cordone ombelicale non si staccava. Prima delle fasce, si utilizzava un filo di cotone e della cenere; successivamente, dagli anni Quaranta, si impiegava cotone idrofilo imbevuto di alcool. La levatrice veniva pagata in natura: dalle famiglie più povere con farina, grano, legumi, olio, vino, e in denaro da quelle più agiate.
Quando i bambini venivano liberati dalle fasce, le madri di Manduria li portavano nella chiesa di San Leonardo non appena riuscivano a stare in piedi da soli, poiché si credeva avessero bisogno di protezione divina. Per i primi passi si usava il verbo “scapolare,” equivalente a “liberare,” così come per ogni scapolo si intendeva una persona libera, associata al santo che libera dalle prigioni.
Bibliografia: La donna: di ieri e di oggi. Il vissuto nelle immagini. Istituto Tecnico “L. Enaudi” – Manduria. Manduria Sacra di L.Tarentini.