Molti studiosi locali, attratti dal caratteristico rito della processione per la pioggia, da questa singolare forma devozionale, l’hanno descritta e analizzata per evidenziarne i suoi aspetti storici, culturali, spirituali e folkloristici. L’antica processione della pioggia si svolge anche oggi, e non è mutato col trascorrere del tempo il sentimento religioso dei fedeli che come nel passato, percorrono a piedi e penitenti un percorso lungo dodici chilometri. Vi riporto di seguito, divisa in più parti, la descrizione di questo straordinario rito; richiamo di numerosi fedeli, intenso di devozione e spiritualità. E’ forse la più importante tra le cerimonie religiose che si svolgono a Manduria, sicuramente la più ricca di tradizioni popolari, di riti antichi e penitenziali: la processione dedicata a San Pietro, il Principe degli Apostoli.
La processione arborea per la pioggia: un rito di devozione a San Pietro, che racchiude in sé, tradizione, penitenza e folklore.
Si svolge a Manduria, tramandata nei secoli, la processione religiosa propiziatoria per la pioggia, caratterizzandosi, al pari di altre manifestazioni locali sacre e tradizionali per la sua spiritualità. Il corteo di fedeli, numeroso, lungo e variopinto racchiude in sé un rito penitenziale, un pellegrinaggio intenso, faticoso, di devozione e folklore. Alberto Cirese, antropologo e studioso di tradizioni popolari, autore della pubblicazione: Aspetti della ritualità magica e religiosa nel tarantino, nel 1971, in occasione estemporanea tentò di istituire un paragone morfologico tra il rituale del tarantismo, e il rituale di propiziazione della pioggia collegato alla processione di San Pietro. In sintesi Cirese fa una analisi comparativa e interpreta i due fenomeni folkroristici: (…) la procedura di diagnosi e cura del tarantolismo è una operazione che mira a modificare la situazione negativa esistente (quella della malattia) ed a produrre un evento vantaggioso (la guarigione), esattamente come la processione di Manduria mira a modificare la situazione negativa esistente (quella della siccità) ed a produrre un effetto futuro vantaggioso (la pioggia). La processione avviene principalmente nei momenti di siccità ma non ha avuto, sinora una periodicità fissa, (mediamente può accadere ogni cinque -sette anni). (…) Non piove da moltissimi mesi; la siccità diventa un flagello. «Sa cacciari San Gricoriu» (si deve uscire San Gregorio) chiedono a Manduria. Dalla voce e dalla volontà popolare nasce il rito. Nella chiesa matrice si espone la statua del patrono e si fanno tridui e preghiere. Ma la pioggia non viene. «Sa cacciari la Mmaculata» (si deve uscire l’Immacolata). Nella cappella dell’Immacolata si espone la statua dell’altra protettrice, cui si dedica il digiuno a pane e acqua. (…) Una devozione nata a Manduria nel Seicento, e diffusasi successivamente in tutto il mondo cristiano e consolidatosi nel digiuno canonico della vigilia dell’otto dicembre. (…) Ma nonostante i tridui, nonostante i digiuni, la pioggia non viene. (…) A mali estremi, estremi rimedi: «sa sci pijari Santu Pietru» (si deve uscire San Pietro). In passato, quando non c’erano i veloci mezzi di trasporto di oggi, si partiva da Manduria, nottetempo a piedi o in traino, alla volta di San Pietro in Bevagna, dove si attendeva nel bosco o sulle dune il sopraggiungere dell’alba per assistere alla funzione religiosa. (…) Dopo la Messa si benedice il pane (più di sette quintali, offerto dai devoti ai pellegrini che stanchi ed essudati per il tragitto, percorso a piedi e a digiuno, sono dissetati dall’acqua trasportata da grosse autobotti decorate con frasche e sacre immagini. La processione per la pioggia è rivolta a San Pietro, a colui che è il Principe degli Apostoli ed è venerato dai credenti come il signore dell’acqua, il Santo che farà piovere. San Pietro giunse, come narra la leggenda, sino alle sponde dello Ionio a seguito di tempesta durante il viaggio da Antiochia a Roma per espiare nelle macchie della nostra terra il tradimento di Gesù e dalle sue copiose lacrime sgorgò il fiume Chidro. (…). E quando i sacerdoti hanno cantato la messa, si stabilisce la gara fra i devoti che si vogliono pregiare del sacro peso da portare sulle spalle; conteso da una breve ma intensa gara per chi offre di più. (…) e quei denari ed il ricavato dalla questua lì steso e per via fino alla città, si serba per il culto della cappella. La “presa” del quadro miracoloso con l’effige di San Pietro posta sul baldacchino, traslata dai fedeli che a piedi dalla chiesetta della marina a questi dedicata, s’incammina alla volta di Manduria. Alla vigilia, per le vie della città, la processione che ha un valore religioso di grande intensità, è preannunciata dal suono di una campanella dal Comitato e dal grido rituale: « uagnù, cra matina sa sc pijari Santu Pietru» A questo rito, dalla forte essenza popolare, semplice come la vita contadina, vi partecipano migliaia di fedeli, giunti anche da paesi limitrofi (Uggiano, Sava, Avetrana), tutte le confraternite locali con i loro stendardi i loro caratteristici camici bianchi e le cappe celesti, (Purificazione), gialle (Carmine), rosse (Sacramento), nere (San Leonardo) e camici neri e cappe nere (Morte); le autorità e bambini che un tempo come gli adulti per penitenza, camminavano scalzi e usavano porsi sul capo corone di spine e cilici. (…) Ciascuno crea e decora il suo altarino nel modo che gli sembra più bello: chi con le canne, chi col ferro battuto, chi con fiori, chi con nastri, chi con sterpi secchi per ricordare la siccità. (…) Anche il bastone da pellegrino viene decorato con pennacchi di canne o ciuffi di rami e frasche d’ogni tipo, dal ginepro alla tuja, dall’eucalipto alla mimosa, dall’ulivo alla quercia, dall’alaterno alla fillirea. Il corteo sacro, suddiviso in due file di penitenti che cantano e recitano giaculatorie, è ricco di simbologie sacre, di creatività popolare architetture votive, di altarini addobbati, di elementi arborei come ceppi, tronchi, rami d’albero, frasche strappate alla macchia. La processione si dipana lentamente con qualche sosta lungo il percorso di circa dodici chilometri che separa la località di San Pietro in Bevagna da Manduria, raggiunta dai fedeli dopo diverse ore di cammino. L’arrivo della processione alla città, spesso è annunciato dallo scoppio di due grossi petardi, rito che si ripete sei volte. Giunta nell’abitato cittadino, nei pressi della chiesetta dedicata alla Pietà, il Sindaco, con atto scritto, riceve solennemente in consegna dal Rettore il quadro che viene scortato da due guardie civiche in segno di onore. La cerimonia si conclude alla Collegiata dove l’effige viene esposta per sette sere seguenti; venerata con una funzione solenne e visitata da tutte le confraternite vestite con le proprie insegne. Il settimo giorno, il quadro viene portato in processione per le chiese principali di Manduria. L’ottavo giorno, conclusa la messa cantata e il sermone di ringraziamento, si riporta in processione, l’effige del Santo con maggiore solennità della processione precedente, per restituirla al Santuario. (..) Durante la processione di restituzione tutto avviene come nella prima, ma ancora con maggiore poesia. Seguita da tutte le specie dei veicoli e di bestie, capaci di tirare o portare: dal coccio sontuoso all’umile ronzino che trascina il carretto: dall’ardente puledro che l’eleganza giovinetto fa caracollare, al placido asinello che l’impaziente ragazzo, seduto in groppa, manda innanzi a furia di grida o di batoste. Nel ritirarsi poi della gente, non manca la nota amena di tante scene che avvengono fra i buontemponi, i quali, eccitati dalla festa, si abbandonano all’allegria. Ed a ragione sono tutti allegri poiché quasi mai restarono delusi, quasi mai non ottennero la grazia chiesta. Le tappe della processione coincidono con la distribuzione del pane benedetto e dell’acqua: a li “Piacentini” a la “Campanedda” e alla “Culonna”. (…) Ed al cuore ora, al cuore che sino a quel giorno mortificato presago dello strazio della fame che aspetta quella folla, tocca il batter violento di una nuova emozione, poiché nota Manduria deserta ed il suo popolo, misto a popoli di altri deserti pesi, correre a condursi la miracolosa effige del Principe degli Apostoli, e per dirgli: «Guarda le arse campagne, vedile come da tanto tempo chiedono acqua: or che sei nostro testimone sii nostro avvocato» (..). Chi partecipa a questo rito è accomunato oltre che dalla tradizione arcaica della processione, anche dalla speranza riposta verso il Santo che intercederà per i fedeli affinché la pioggia possa portare abbondanza nei raccolti ma allontani nel contempo eccessive precipitazioni temporalesche e calamità naturali. I fedeli sembrano uniti dal culto lontano arboreo ed agreste che ha origine pagana. In questa manifestazione religiosa l’albero però assume altri significati, non è il garante della fertilità e della nascita ma rappresenta il verde che solo la pioggia può far crescere. L’albero è anche il simbolo del peso penitenziale spesso impresso nel volto dei fedeli che portano in petto o sulle spalle i pesanti elementi arborei che simboleggiano il carico della croce di nostro Signore.