La solennità di San Giuseppe, che oggi si festeggia solo liturgicamente, è stata festa di precetto fino al 1977. Il culto legato al Santo è tuttora molto sentito in tutto il mondo cristiano, oggetto di sincera devozione e di pietà popolare. La figura di Giuseppe è percepita come modello di umiltà e dedizione, oltre che di una speciale paternità: quella ‘putativa’ del Figlio di Dio.
A Manduria, la primitiva chiesetta dedicata al Santo (databile intorno al XV-XVI secolo) sorgeva sul sito del presbiterio dell’edificio attuale; in essa vi operava una Congregazione, fondata probabilmente nel 1621 dai Gesuiti, che nelle vicinanze gestivano un ospizio. La costruzione della chiesa attuale è successiva alla fondazione del convento dei Domenicani e dell’attigua chiesa della Madonna del Rosario; infatti essa venne edificata a partire dal 1624, quando il frate Provinciale dei Domenicani cedette alla Confraternita una parte del giardino conventuale.
La chiesa, di ordine ionico all’esterno, si distingue per il caratteristico portale «tra i più artistici della città». Così lo definisce il Perretti (p. 65), affermando che il lavoro architettonico «interessa sia l’intero contorno dell’ingresso (ricco di fasce e cornici), sia tutta la trabeazione con una serie di figurazioni festose quadrangolari, specialmente le tre che insistono sulla fascia dell’architrave. In alto c’è il fastigio che è costituito da due grossi elementi a voluta contrapposti, da due pinnacoli e da una nicchia con conchiglia nella quale c’è la statua del Santo». Qui il Santo, accompagnato dal tradizionale bastone fiorito nella mano destra, regge con l’altra il Bambino, il quale reca nella mano sinistra un paniere pieno di frutta e nella destra un grappolo d’uva.
L’interno, di ordine corinzio, custodisce numerose testimonianze pittoriche raffiguranti episodi della vita del Santo. Fra gli altri, lo Sposalizio di Maria, opera dell’artista manduriano Nicola Schiavoni (omonimo del patriota e senatore vissuto nel XIX secolo), ascrivibile alla rinomata scuola napoletana del Solimena. Pregevole è altresì il Patrocinio di San Giuseppe, di Pasquale Bianchi (appartenente alla famiglia di pittori Bianchi attivi in città), al quale è attribuita anche L’Adorazione dei Magi e la Fuga in Egitto. Di Vincenzo Filotico (anch’egli pittore locale, vissuto fra XVIII e XIX secolo), è l’opera Gesù fra i dottori (1778). Risale al primo Novecento San Giuseppe con Bambino’ opera del manduriano Pietro Stano, fratello del più noto pittore Giovanni Stano.
Oltre ai dipinti, notevoli sono anche le due statue del Santo presenti. Negli anni successivi alla sua costruzione, infatti, la chiesa venne abbellita e corredata di due altari. Il più antico, in pietra leccese, conserva una statua in pietra di San Giuseppe, mentre il secondo, anch’esso in pietra, accoglie in una nicchia posta a lato, una pregevole statua lignea del Santo. Su di essa porremo la nostra attenzione.
Realizzata dallo scultore campano Vincenzo Ardia (vissuto fra il 1650 e il 1725), la cui firma è sul piedistallo di appoggio della statua, non è dato conoscerne l’anno esatto di realizzazione. Per il Tarentini potrebbe essere il 1726, perché in quell’anno la statua era già portata in processione, mentre il Fischetti sostiene essere il 1722. In tale anno, infatti — come egli scrive —, la statua risulta essere già a Manduria, perché nominata, e in parte descritta, nell’inedito Inventario dei beni stabili e mobili della congrega di S. Giuseppe della Terra di Casalnuovo, redatto dal rettore don Pietro Giusi in data 25 aprile e conservato nell’Archivio Vescovile “A. M. Kalefati” di Oria.
La statua riveste una particolare importanza storico-artistica e risulta apprezzabile per la sua ricchezza cromatica e per la plasticità dell’insieme. Di grande rilievo è la decorazione floreale presente sul manto e sulla tunica del Santo, con motivi ripetuti: compaiono tra gli altri, tulipani, anemoni e nontiscordardimé. Perfettamente aderente all’espressione del volto del Santo, quanto scrive il Tarentini (p. 173): «Il legnaiuolo di Nazaret è rappresentato nell’atteggiamento indovinatissimo di guardare tanto umilmente il Bambino che ha in braccio, poiché la grandezza che si desume in Lui dalla sua stirpe reale, fino all’insuperabile altezza di padre putativo del suo Dio, che or si degna, infante, gravargli il braccio, ci richiama quanto avventuroso egli stimasse quel peso, quanto si beasse in rimirarlo».
A fronte della rappresentazione d’insieme della scultura, vi è un’iconografia di carattere simbolico, posta a corredo della prima, che sostiene e rafforza la dimensione devozionale dell’opera. Sono dei dettagli figurativi, legati agli attributi che denotano la figura del Santo (Padre putativo, Uomo giusto, Lavoratore, Patriarca), come ad esempio il bastone fiorito, il giglio o gli arnesi da lavoro.
Il bastone fiorito è un elemento iconografico arcaico, che fa riferimento all’episodio narrato nei vangeli apocrifi circa l’elezione dello sposo per Maria (nel Protovangelo di Giacomo è riportato che il Sommo Sacerdote, seguendo le indicazioni divine, convocò nel tempio di Gerusalemme tutti i vedovi di Giudea, perché un segno miracoloso gli avrebbe indicato lo sposo per Maria. Prima ancora che varcasse la soglia del tempio, il bastone di Giuseppe cominciò a gettare fiori e una colomba bianca si posò sulla sua testa). Le più antiche raffigurazioni di questo elemento presentano piccole infiorescenze, come di mandorlo, «allusione alla verga fiorita di Aronne», mentre — come scrive Musardo Talò —«il giglio, simbolo di purezza, compare successivamente abbinato al santo, e ne caratterizzerà definitivamente la figura, prevalendo sull’altro elemento iconografico».
Il Fischetti — nel suo scritto —si rifà proprio alla tradizione agiografica dei fiori di mandorlo a simboleggiare la scelta divina. Essendo il mandorlo il primo albero a fiorire, esso diventa simbolo della veglia e della vigilanza (libro di Geremia 1, 11-12), che ben si addicono all’uomo ‘giusto’ che ha svolto il ruolo di padre con umiltà e devozione.
Nella scultura dell’Ardia, il bastone fiorito che il Santo regge con la mano destra è d’argento e su di esso sono apposti i sigilli della città di Napoli.
Un ulteriore dettaglio iconografico riguarda le mani del Bambino: se la destra si protende dolcemente verso il viso del Santo, la sinistra regge un globo: «il globo del mondo». A questo proposito si legge in un articolo di G. Capogrosso che, in passato, il Bambino nella ricorrenza della festa di S. Giuseppe, reggeva nella mano una vera mela rossa offerta alla Confraternita, per antica tradizione, da una famiglia di Manduria.
Alla base della statua, infine, vi è un reliquiario d’argento con un’iscrizione, dalla quale si ricava il nome del donatore Giuseppe Maria Barci.
La statua di San Giuseppe è stata oggetto di interesse anche in tempi a noi vicini.
In particolare, nell’ambito di una importante mostra riguardante la scultura napoletana dal titolo ‘Sculture di età barocca tra Terra d’Otranto, Napoli e Spagna’, tenutasi nel 2008 presso la chiesa di ‘San Francesco della Scarpa’ a Lecce, la Soprintendenza ha riconosciuto la singolarità e il pregio artistico del manufatto, tanto da indicarlo come un unicum nell’Italia meridionale. In tale occasione, grazie al prof. Antonio Cassiano, curatore della mostra e direttore del ‘Museo Provinciale Castromediano’ di Lecce, la statua è stata oggetto di un importante restauro.
BIBLIOGRAFIA:
Tarentini L., Manduria Sacra, Barbieri 2000; Perretti B., Manduria architettura, arte, società, Provveduto 2005; Musardo Talò V., (a cura di) La festa di San Giuseppe, Talmus-Art Editore 2012.
SITOGRAFIA:
https://movimentogiuseppino.files.wordpress.com/2017/09/salvatore-fischetti-nel-segno-di-san-giuseppe.pdf ( Fischetti S., Nel segno di San Giuseppe); https://www.manduriaoggi.it/?news=38384 (Capogrosso G., La venerabile Confraternita di S. Giuseppe Patriarca in Manduria). Le foto a corredo dell’articolo sono condivise dalla pagina fb ‘Manduria Sacra’.