1
Il potentissimo re Fierarmata aveva una figliuola a nome Ninetta, sul fiore degli anni e della bellezza.
Costei abitava insieme con una giovane dama di compagnia, in una parte del paterno castello, decorata con immensa profusione di marmi preziosi, e di preziosissimi legni odorosi.
La sua camera da letto era smagliante di pietre d’alto valore, e il letto ov’ella dormìa i suoi placidi sonni di vergine era tutto un pezzo d’oro.
Un giorno ella volle uscire colla sua compagna in città.
Ma appena varcata la soglia del portone, s’imbatté in una vecchia di orribile bruttezza.
La giovine regina allora mirandola esclamò:
– Come è brutta!
Quella vecchia era una fata, che sorrise di disprezzo a quelle parole, e rispose:
– Che tu possa trasformarti secondo il tuo desiderio, e che tu possa innamorarti del figlio del re, e che questi non ti ami, se non dopo che avrai fatta la serva! …
Ninetta turbossi a quest’imprecazione, ma la sua compagna rassicurandola, pregandola a non dare ascolto alle parole d’una vecchia.
Passarono molti mesi.
Un giorno fu annunciato al castello l’arrivo di un giovane principe straniero, che viaggiava per diporto.
Fu ricevuto colla massima cortesia, e rimase ospite della real famiglia per tre giorni.
Quel giovine era bellissimo, e toccò il cuore di Ninetta.
Quando egli partì per proseguire il lungo viaggio, questa rimase profondamente addolorata, senza saperne discacciare dagli occhi l’immagine, e dal cuore il desio.
Un giorno, non potendo più tollerare tanto martirio, ne parlò al re, suo padre; il quale, amantissimo com’era di quell’unica figliuola, e vedendola lentamente deperire nella salute, le promise che sarebbe immediatamente partito alla volta del reame del padre del giovine principe, per fargli noto un così fervido amore.
Partì, infatti, e vi giunse accolto cortesemente dal vecchio re, suo amico.
A costui confidò le ansie e il desio della figliuola, pregandolo di farne partecipe il principe.
Il vecchio re promise che tutta la sua autorità avrebbe interposta, a ciò si compissero nozze a lui bene accette; ma quando la sera ne parlò al figliuolo, questi rispose con una solenne risata, e soggiunse:
– No, caro padre, io non prendo moglie! …
Il re insistette, facendogli noto il languore e il fervido amore di Ninetta; e quello allora, traendosi di tasca un fazzoletto finemente ricamato, disse:
– Ebbene, fatele pervenire questo fazzoletto, affinché ella, a me pensando, si asciughi le lacrime che verserà per amor mio!
Tornato il re Fierarmata al castello, consegnò il fazzoletto alla figliuola, ripetendole l’ottenuta risposta.
Questa cadde allora in una profonda malinconia, e cominciò a soffrire seriamente nella salute.
Suo padre attese parecchi mesi, e, vedendo riuscire vana ogni cura, decise di ritornare dal padre del lontano principe, per cercare di riuscire nuovamente nell’intento.
Ma neppure questa volta fu felice, perché il crudel giovine, consegnandogli una boccetta ripiene di profumata acqua, rispose:
– Io non prendo moglie; però presentate questa boccetta alla vostra figliuola, affinché se l’appressi al naso, quando sentirà venirsi meno per me!
Ninetta, conosciuta col ritorno del padre la brutta novella, infermò gravemente.
Invano re Fierarmata chiamò intorno al suo letto i primi medici del reame; invano promise metà delle sue ricchezze a colui che ridasse la primiera salute alla sua povera figliuola …
Ed una notte che la malata era per morire, egli si rivolse al suo buon Genio, ed esclamò:
– Fatela ancora vivere, sin ch’io compia un altro viaggio.
Postosi immediatamente in viaggio, dopo tre giorni, giunse al castello del giovine e crudel principe.
Non appena lo scorse da lontano, con gli occhi pieni di lacrime, gridò:
– Volete dunque farmi morire l’unica figliuola, il solo bene della mia vita? E volete dunque mostrarvi più crudele d’una tigre? …
Quello sorrise, e traendosi di tasca un lungo laccio di oro finissimo, rispose:
– Io non prendo moglie; però presentate questo laccio alla vostra figliuola, affinché, se è vero ch’ella soffre tanto per amor mio, la finisca una buona volta colla vita, e si appicchi con esso ad un albero!
Lo sconsolato padre tornò al natìo castello, e riferì, tra’ singhiozzi, alla figliuola la villana risposta.
Ninetta prese quest’ultimo oggetto, e levandosi improvvisamente dal letto, disse:
– Ora sto bene; mi ha guarita il mio buon Genio; però qui non posso più stare, e voi, padre, beneditemi, che per lungo tempo non ci potremo vedere. Io debbo fare un lungo viaggio.
Il padre cercò di ritenerla con sé, ma riuscendo vane tutte le sue premure di affetto, la benedisse, dicendo:
– Ti accompagni la fortuna, Ninette!
E Ninetta partì.
2
Giunta alla città capitale del reame e appartenente al re, padre del giovine principe che ella amava, domandò ad alcune popolane qualche informazione su’ costumi di quest’ultimo, e seppe ch’egli aveva amorose relazioni con una bellissima donna maritata.
Ella pensò “Ah, l’infame! Perciò dice di non voler prender moglie! E dunque mi pospone a codesta donna? Voglio vederla”.
Si vestì poveramente, come una mendicante, e andò a bussare alla porta della sua rivale.
– Sono una povera giovine abbandonata da tutti, – ella disse con voce tremante, – e vi prego di volermi come serva. La donna, che ricamava in oro e argento una magnifica sciarpa da guerriero, disse:
– O povera giovine, non ho bisogno di serve.
– O buona signora, accoglietemi per carità; ascoltate, io non voglio alcuna mercede da voi; mi basta un letto, e un pezzo di pane, e vi assicuro che resterete contenta di me. Accoglietemi, o buona signora.
L’onesta e bella faccia di Ninetta commosse colei, che finalmente disse:
– Ebbene, entrate pure in casa.
Dopo parecchi giorni, tanto la donna come suo marito eran davvero contentissimi delle buone qualità della serva, e ringraziavano la fortuna che l’aveva loro mandata.
Il marito, specialmente, ammirava in lei i bei modi gentili, e la cortese favella, tanto che un giorno, dopo di aver fatto un ghiotto pranzo e alzato bene il gomito, chiamandola per nome, disse:
– O Ninetta, tu parli tanto bene; raccontami un po’ qualche istoria …
E quella:
– O signore, io ve la racconterò fra qualche giorno.
Intanto la giovane regina non dormiva; ed a furia di spiare, vide che ogni notte la sua padrona abbandonava il letto del marito, e, tratto da un armadio un mazzo di chiavi, con queste apriva quattro porte dell’appartamento, e giunta in una stanza buia,ritrovava il giovine principe, col quale passava molte ore …
Si fu allora che un giorno che l’uomo aveva più del solito bevuto generosamente, ella disse:
– O non volete dunque udire una storia?
– Sì, sì, brava Ninetta, racconta pure …
– O signore, io vorrei, ma temo che novellando non dia pena alla mia signora, vostra moglie.
E costei:
– Narra pure, narra pure.
– Ebbene, ascoltate: Vi è un figlio di re, bello e crudele, che fa soffrire a morte una giovine principessa, padrona del più vasto reame del mondo, per dare il suo cuore ad una donna volgare che tradisce il proprio marito. Questa donna ogni notte si leva dal letto, apre un armadio da cui toglie più chiavi, traversa una, due, tre, quattro stanze, si adagia su un letto morbido di piume di cigno, e si inebria col giovine principe di abbracci e di baci …
La donna, a queste parole, divenne bianca come calce.
Il marito disse:
– E chi è mai questa donna?
– Voi, o signore, l’avete a lato.
– Che dici mai, mia moglie?
– Sì, o signore.
– E in quell’armadio sono le chiavi?
– Sì, o signore.
– Se ciò fosse una vile calunnia, non meriteresti tu la pena di morte?
– Sì, o signore.
Il tradito marito si appressò all’armadio, tolse le chiavi, aprì e attraversò le quattro stanze, attese un’ora, due, e vide comparire il giovine principe …
Il giorno dopo alcuni barcaioli pescavano in mare il cadavere della donna infedele.
Ninetta si era vendicata,
3
Passarono altri mesi, otto, dieci forse.
Il giovine principe era intanto caduto in profonda malinconia, dopo la perdita della donna amata.
Il padre suo aveva pure tentato ogni mezzo per distrarlo dai cupi pensieri, ma tutto era riuscito inutile.
Si fu allora che qualcuno gli consigliò di accettare l’offertagli mano della figlia del re Fierarmata; ma egli rispose:
– Nel mio cuore non c’è che una sola immagine di donna, e questa ora è morta: nessun’altra può supplirla!
Allora il re padre pensò di dare nel suo castello delle sfarzose feste da ballo, alle quali dovessero convenire le più belle donzelle del reame, sperando che di qualcuna di esse potesse innamorarsi il povero figliuol suo.
Era una sera di gennaio la prima volta che il castello si aprì a migliaia di invitati.
Il giovine principe vide passare sotto lo sfavillio di mille lumi le più vaghe donzelle; ma per nessuna ebbe il più lieve sorriso.
Suonava mezzanotte quando, all’improvviso, nella sala sollevossi un mormorio di ammirazione.
Tutti volsero gli occhi verso l’uscio, e videro apparire la più bella fanciulla che mai mani di fata avessero potuto scolpire.
Camminava ella con una solennità maestosa, gettando di qua e di là sprazzi di luce da’ diamanti che tempestavano il suo abito, tutto veli e trine.
Nel viso aveva tutte le grazie d’una dea, e negli occhi il lume di una stella.
A quest’apparizione, rimase meravigliato il giovine principe, che, fino allora rimasto seduto malinconicamente in un canto, si levò e invitò alla danza la bella sconosciuta. Questa accettò, e fu vista nelle braccia di colui volare mollemente, più che calpestare co’ piedi il terreno.
E allora il principe domandolle:
– Chi siete mai?
– O principe, io non posso dirvelo.
– Almeno ditemi in qual paese nasceste.
– Pur questo è un segreto.
– Voi siete assai bella!
– Grazie, principe.
Chiusa alla mattina la festa, il principe mandò due cortigiani alla ricerca della bellissima fanciulla, per offrirle la sua mano, tanto era innamorato di lei; ma invano quelli picchiarono a tutte le case della città, ché nessuno aveva mai vista o albergata alcuna straniera.
Dopo alcune sere, una nuova festa fu indetta a corte, e non era ancora scoccata intera la mezzanotte, quando novellamente apparve la misteriosa fanciulla.
Questa volta ella era vestita di azzurro, e sugli abiti suoi v’erano gettate in perle le ricchezze d’un re.
Vederla, e avvicinarsele per invitarla al ballo, fu un momento solo pel principe.
E le disse:
– Io ho pensato sempre a voi, e vi amo. Vi offro un regno e una corona: volete accettare la mia mano?
– O principe, io non prendo marito …
– Se voi rifiutate, io passerò nel pianto la mia vita per amor vostro …
Allora quella trasse dal seno un fine fazzoletto ricamato, e porgendolo a lui disse:
– Se piangete per me, con questo fazzoletto asciugatevi le lacrime.
E sparì.
Il giovine principe si struggea di malinconia.
I medici chiamati intorno a lui non sapevano trovare un rimedio al male.
E dopo tre giorni una novella festa fu indetta a corte.
Questa volta la bella sconosciuta apparì vestita tutta di piume di cigno, sicché parea che volasse in una morbida nube.
Scorgendo il principe sconsolato, ella sorrise, e avvicinandoglisi mormorò:
- Soffrite, o principe?
– Sì, per voi. Fra pochi giorni venite almeno a visitare la mia tomba, ove voi, coll’ostinato rifiuto, mi spingeste poco a poco!
– Mi duole, principe, ma nulla h da farvi; io sono destinata a non prender marito, lo sapete, ma pure ecco …
E ciò dicendo gli porse una boccetta di cristallo:
– … Qui è rinchiuso un soave profumo; se per amor mio vi sentirete qualche volta venir meno, odoratelo, o principe …
E sparì.
Il principe morìa. Al castello si facevano i preparativi funebri.
Allora egli chiese al padre che prima di morire gli facessero rivrdere almeno un’altra sola volta la misteriosa straniera.
– Date un’altra festa, – egli disse, – così solo potrò ritrovarla.
E la festa fu data. Il principe cogli occhi infossati e il respiro affannoso fu portato nella gran sala.
Quando, in sulla mezzanotte, apparì la bella, egli sentissi rivivere.
Questa volta ella era coperta da una fitta rete di smeraldi e di diamanti.
Le si appressò:
– Volete dunque davvero farmi morire disperato come un cane? Volete davvero mostrarvi più crudele d’una tigre?
– O principe, – rispose ella, – c’è chi vi ama, ed è disprezzata da voi … ora io non posso darvi che questo laccio d’oro, affinché affrettiate la vostra morte, appiccandovi per amor mio a un albero…
Eciò dicendo gli porse un grosso e fine laccio d’oro.
Poi sparì.
4
Il giorno dopo tutta la corte era in movimento, perché il giovine principe, riacquistata all’improvviso una insolita energia, colla scorta di cento cavalieri, doveva partire pel giro del mondo, alla ricerca della bella sconosciuta.
Un minuto prima della partenza, presentossi alle porte della reggia una mendicante, col viso tinto di carbone, e gli abiti sdruciti, la quale chiese di parlare al re.
I domestici la volevano respingere, ma in quel momento apparve davvero il re.
– Maestà, – gridò ella, – io sola ho la potenza di guarire il figlio vostro.
– E come? – esclamò il re.
Allora quella, presentandogli una focaccia di pane, rispose:
– Mangi il principe di questo pane, e vi assicura che guarirà
Il re sorrise per incredulità; pure per la curiosità del nuovo espediente accettolla, e, rientrato in casa, la porse al figlio.
Questi, colla scorta, parte a mezzogiorno, nel cuore d’una folta foresta, smontarono tutti da cavallo per riposarsi e rifocillarsi con qualche leggiera colazione.
Il principe allora prese la focaccia, e, nell’aprirla in due, vide cadersi un grosso anello d’oro.
Raccoltolo, vi lesse per il cerchio queste parole: “Chi tu disprezzasti, ora desideri; tu vai lontano, e lasci indietro; torna nelle sue braccia, Ninetta ti aspetta!”
Stupefatto egli di ciò, comandò alla scorta di ritornare al castello, ove giunto, trovò sulla soglia d’entrata la mendicante, che gli aveva fatta pervenire la focaccia.
Le comandò allora di salir nelle sue stanze, ove giunti, le disse:
– Spiegatemi il mistero di questo anello.
E quella:
– O principe, imparate a rispettare meglio chi, nata come voi, vi offre il cuore!
Allora sorridendo, ella all’improvviso trasformossi in vaghissima fanciulla, nella quale il giovane riconobbe la sconosciuta sua bella, la misteriosa visione delle feste del castello, la figlia di re Fierarmata, Ninetta.
Il giorno dopo le sfarzosissime nozze proclamate da cento araldi pe’ due potenti reami.