Un tempo, le strutture idonee a rifocillare i viandanti erano chiamate osterie, locande o cantine. Nel XVIII secolo, a Manduria, queste attività erano concentrate in via Carceri Vecchie, vico Commestibili e piazza Garibaldi. L’osteria adibita anche a locanda di piazza Garibaldi si trovava dove oggi sorge il cinema Ideal ed era di proprietà della famiglia Imperiali ( la locanda ti li furi, ti sott’allu tirloci). Purtroppo, quest’osteria fu demolita negli anni ’50. Manduria, collocata tra Taranto e Lecce e, un tempo, sull’asse Napoli-Taranto-Lecce, era spesso un luogo di passaggio obbligatorio per coloro che si spostavano lungo questo tragitto. L’osteria Imperiali si trovava lungo questo percorso e rappresentava, quindi, un punto di sosta e riposo per chi, transitando da Manduria, proseguiva verso la Terra d’Otranto. Pur avendo un aspetto poco elegante, la locanda Imperiali, situato proprio al centro della nostra città, era sempre affollato di viandanti. Nella locanda alloggiavano spesso carrettieri, commercianti e commessi forestieri che, di solito, venivano a Manduria per acquistare derrate alimentari come olive, grano, fave, ecc.
Il locale disponeva anche di un posteggio per carri e di un ricovero per cavalli. All’interno dello stabile, infatti, un androne molto ampio fungeva da stalla. A prendersi cura dei cavalli vi era uno stalliere, il cui compito era quello di sistemarli e rifocillarli. Sul retro, esisteva invece un locale adibito a mangiatoie, al centro del quale c’era un abbeveratoio, riempito costantemente di acqua sorgiva, attinta da un pozzo poco distante. L’abbeveratoio aveva una dimensione di circa 300 mq ed era costruito in pietra viva, la cui impermeabilità consentiva all’acqua di non filtrare attraverso le pareti della vasca, rimanendo così raccolta nel deposito.
Le camere della pensione si trovavano al primo piano. Erano molto anguste e arredate con pochissimi mobili, e i letti, a quei tempi, erano fatti di pagliericcio. Generalmente, i passeggeri pernottavano solo una notte, per poi ripartire all’indomani prima dell’alba. Non essendo previsto il vitto, gli alloggiati spesso pranzavano con pane e olive che portavano con sé. La locanda cessò l’attività intorno agli anni Cinquanta, quando il sindaco del tempo, con un decreto, obbligò il gestore a chiudere l’attività in quanto, per ragioni di igiene e salubrità, non era più consentito mantenere lo stallaggio al centro della città. Successivamente, i locali furono trasformati in mobilificio dal sig. Dimitri Raffaele, che tenne aperto l’esercizio commerciale per circa quindici anni, finché il sig. Miccoli non vi impiantò, demolendo il vecchio stabile, il cinema Ideal.
A Manduria i viaggiatori potevano fermarsi anche in altre “locande”, tra cui quelle ubicate in via per Maruggio. Una di queste era di proprietà del sig. Franco Emanuele, composta da un vano centrale e, lateralmente, da una mangiatoia. L’altra si trovava proprio di fronte, dove si trovava la Distilleria Lamusta e il proprietario era mesciu Tori (mastro Salvatore). In realtà, questi alloggi non erano delle vere e proprie locande, ma stallaggi privi di dormitori, in cui i carrettieri comunque si adattavano a dormire, portando con sé un sacco di paglia e una coperta. Nei pressi dei due locali vi erano delle officine di maniscalchi che fungevano anche da ambulatori veterinari, dove si provvedeva a ferrare i cavalli e a curarli. Un medicinale base per la cura degli equini era chiamato vescicante, utilizzato per sedare dolori e guarire strappi muscolari. Nelle locande, il prezzo per l’alloggio era variabile. Se i viandanti acquistavano la paglia per i cavalli, si applicava un prezzo; se la facevano consumare al momento, ne pagavano un altro. A volte scoppiavano liti tra il proprietario e i carrettieri, spesso litigiosi, che tentavano di pagare meno del dovuto. Tuttavia, il gestore era di solito sostenuto da altri barrocciai, i quali, pur di ottenere a loro volta un trattamento favorevole, non si facevano scrupoli ad assecondarlo.
Tra il XIX e il XX secolo, molte osterie si trasformarono in cantine, che diventarono pian piano luoghi spesso di infimo ordine, noti in gergo come “bettoli.” In questi esercizi si beveva soprattutto vino, si giocava a carte e si consumavano pasti come ampasciuni fritti (pammuscari fritti), cavolfiori fritti e, più raramente, polpette di carne. Questi luoghi erano spesso frequentati da alcolizzati che, fino agli anni ’30-40, si potevano incontrare nelle buie vie di Manduria, intenti a cercare, barcollanti, la strada di casa, dove li attendeva una moglie paziente e rassegnata. Fino agli anni ’50, alcune bettole erano ancora in funzione ed erano collocate in gran parte nell’attuale zona storica e ambientale di Manduria.
Bibliografia: Walter Pasanisi, Liberamente – Quindicinale di Informazione, Attualità e Cultura. Anno II. N.20. Testimonianze orali di avv. Elio Dimitri, sig. Benedetto Fontana e Pietro Vaccaro. G. Piccini Liberamente – Quindicinale di Informazione, Attualità e Cultura. Anno IV N. 6. A. Dimitri, Manduria non solo storia… Provveduto Editore.