C’erano una volta due vedove, legate tra loro da grande amicizia. Una di esse aveva una sola figlia di circa diciotto anni, cogli occhi del color del mare e i capelli come il sole.
L’altra vedova anche aveva una figlia sola e della stessa età, ma era brutta, deforme, con gli occhi di una gatta e i capelli di una strega.
Le due donne si promisero che quella che sopravvivesse all’altra, dovesse adottare l’orfana e dovesse farle da madre.
Sfortuna volle che la bella fanciulla rimanesse orfana dopo poco tempo,per cui dovette andare a vivere con l’amica di sua madre.
Nel frattempo il re di quelle contrade decideva di ammogliarsi, e stabiliva che la sposa dovesse essere la più bella fanciulla dei suoi domini; e si mise in viaggio per cercarla.
Arrivato in quel villaggio, vide la bella fanciulla orfana, e se ne innamorò così pazzamente che decise di sposarla; ciò destò talmente l’invidia e la gelosia della madre della brutta, che si ripromise di farne vendetta. Gli araldi annunziarono il prossimo matrimonio del re in tutte le città ed in tutti i villaggi del reame; e pochi giorni dopo venne infatti celebrato con tutta la pompa immaginabile di oro e di gioielli, alla presenza dei più nobili signori e delle più belle dame del regno.
Subito dopo finita la cerimonia, cinquanta equipaggi furono pronti per ricondurre alla capitale la reale coppia e i nobili invitati.
Ma proprio sul momento di partire, la vedova che aveva adottato l’orfana si presentò al re e gli disse sottovoce:
– Maestà, io sono la donna che ha custodito ed educato la vostra sposa, guardandola e salvandola da ogni malattia. In compenso di ciò, vi chiedo un favore.
Il re le rispose:
– Dite pure; avrete da me tutto quello che vorrete.
– Non domando a Vostra Maestà né titoli né ricchezze; chiedo solo il favore di potere accompagnare la sposa, mia figlia ed io sole nella carrozza, poiché è l’ultima volta che staremo in famiglia.
– Ve lo concedo – disse il re; e si preparò a lasciare il villaggio.
Nella prima carrozza presero posto il re ed i cavalieri; poi veniva la regina con la vedova e sua figlia, e poi dame e cavalieri, ed i servi alla coda del corteo.
Dopo poco tempo passarono davanti ad un magnifico castello ed il re, affacciatosi al finestrino della carrozza, si fece avvicinare a quella ove era la sua sposa, e le disse chiamandola per nome:
– Guarda, cara, questo castello è il nostro; vi passeremo l’estate in deliziosa villeggiatura.
Il rumore della carrozza, a cui la regina non era abituata, le impedì di comprendere le parole del re, per cui domandò alla donna:
– Che cosa ha detto il re?
– Il re dice di levarvi di dosso tutti i vostri abiti, e di farli mettere a mia figlia – rispose.
La regina pensò che quello era forse un generoso capriccio del suo signore, e sorridendo obbedì.
Dopo un’altra ora di cammino arrivarono in una magnifica foresta, piena di alberi secolari. Nuovamente il re si affacciò dal finestrino e chiamando sua moglie per nome le disse:
– Guardate questa bella foresta! Qui verremo ogni anno per la caccia.
La regina anche questa volta non capì e domandò:
– Che cosa ha detto il re?
E la donna rispose:
– Il re vi comanda di dare a mia figlia tutti i vostri gioielli e la vostra corona reale, risplendenti di zaffiri e di diamanti.
La regina sorrise un’altra volta a questo nuovo capriccio del re, ed obbedì senza fiatare.
Un’ora dopo, il corteggio reale arrivò alla spiaggia del mare.
Nel frattempo s’era levato un vento impetuoso, e nuvole cupe e minacciose facevano temere prossimo il temporale. Il re un’altra volta si fece al finestrino, e disse chiamando la sposa:
– Guarda, regina, com’è bello il mare! Qui verremo insieme a vogare nella nostra barca reale.
Ancora una volta la regina non comprese quello che il re le diceva, e la donna le disse:
– Il re vi comanda di buttarvi voi stessa nel mare.
Un tonfo fu sentito, e l’infelice regina scomparve tra i flutti del mare.
La poverina invero non meritava una sorte così triste, poiché era buona quanto bella, e la sua sventura avvenne solo per essere stata troppo obbediente. Per cui le sirene l’accolsero benevolmente, e la condussero nel loro palazzo, cantandole delle dolci canzoni. Ivi trovò gran numero di donne e di uomini, fatalmente attratti negli abissi del mare, dal canto e dai vezzi delle sirene.
Nel frattempo il corteggio reale raggiungeva la capitale allo spuntare del giorno, ed il palazzo era pieno di gentiluomini e di dame per ricevere la nuova regina. Il re corse ad offrire il braccio alla sposa; ma quando le si accostò per baciarla, fece un salto indietro come se fosse stato colpito dal fulmine.
– Così brutta è la regina? – disse fra sé; – ma se quando l’ho sposata era la più bella fanciulla del regno?
I cortigiani, del pari, erano sbalorditi di così strano cambiamento, e si guardarono in faccia l’un l’altro tacendo. La sola persona che mostrava allegria e ch’era cresciuta una spanna di terra per la consolazione, era la mamma della falsa regina alla quale il re si rovolse, per sapere come aveva potuto succedere un così repentino cambiamento. E la donna rispose:
– Maestà la luna ha brillato su di lei, e le ha tolto la fortuna, poi su di lei ha brillato il sole e le ha tolto la bellezza.
Dopo questo fatto inesplicabile, tutte le feste vennero sospese, ed il re si ritirò solo nella sua camera dove rimase tre giorni e tre notti senza ricevere nessuno, bevendo e mangiando le sole sue lacrime.
Alla fine dei tre giorni si decise finalmente ad uscire ed a prendere un po’ d’aria e rifiutando qualunque compagnia,andò girovagando solo; finché attratto verso la spiaggia mentre contemplava la onde sospirando e piangendo, sentì una voce che veniva dal fondo del mare. Si pose in ascolto e sentì queste parole:
– O tu che ti avvicini a questa sponda recati dal re e digli la mia storia.
Il re pensò: – E chi sarà che così parla? – E poi disse forte:
– Chi sei tu che parli, e che cosa desideri dal re?
Allora la voce ignota (e che non era se non quella della infelice regina tradita dalla vedova e da sua figlia), gli raccontò tutto quello che era successo nella carrozza, durante il viaggio di nozze, per andare alla capitale.
Quando i re sentì così orribile delitto, uscì fuor di sé per la disperazione, ma trovò infine la forza per domandare:
– E che cosa può fare il re per liberarti dagli abissi del mare, e per ricondurti al suo palazzo?
– Ahimé! Purtroppo temo che tutto sarà vano, e che dovrò rassegnarmi a vivere sempre in fondo al mare! In ogni modo andrò ad informarmi da Mamma Sirena, e se tu ritorni domani a mezzogiorno qui nello stesso posto, ti potrò dare una risposta.
– Inutile dire che l’indomani il re si trovò al suo posto molto tempo prima dell’ora convenuta. Finalmente la stessa voce si fece sentire.
– Sei tu qui? E’ in verità assai grande la tua bontà per me, povera sventurata! Sappi dunque che Mamma Sirena mi ha detto qual è il mezzo per liberarmi, ma è cosa così impossibile che preferisco non dirla.
– Dimmela, dimmela – gridò il re – qualunque cosa sia non me la nascondere.
– Sta bene, te la dirò. Perché io possa tornare a vivere sulla terra devono essere gettati nel mare tre carichi enormi, uno di pane, uno di formaggio, ed uno di vino, talmente grandi da soddisfare la fame di tutte le sirene e di tutti i loro prigionieri, che non hanno toccato cibo da tempo immemorabile.
Quando il re sentì questo ritornò correndo al suo palazzo, e mandò in fretta l’ordine a tutti i proprietari dei suoi domini che nello spazio di tre giorni, doveva ognuno gettare in mare un carro di pane, uno di vino ed uno di formaggio.
Tutti credettero che il re fosse impazzito, e risero di questa stravaganza; ma nondimeno ognuno eseguì il comando avuto.
La bella regina con gli occhi color del mare ed i capelli come il sole, uscì allora sorridendo dalle onde, e si gettò nelle braccia del re, che la nascose fino a sera, quando doveva esservi a corte un gran ballo ordinato da lui. Vestita come una dama del seguito, la regina si mischiò fra i cortigiani; e quando tutti ebbero fatto circolo nella sala, il re entrò.
Recossi dritto dalla falsa regina, alla quale s’inchinò lievemente, e poi salutando tutti con la mano, così cominciò a parlare:
– Signori e Signore, vi ho stasera qui tutti riuniti, perché ognuno di voi mi racconti una storia d’amore o di dolore, per distrarre l’animo mio preoccupato.
Tutti furono contenti di quelle parole, sperando che alla fine il giovane monarca si liberasse dalla terribile malinconia che l’affliggeva; e per turno ognuno disse la sua storia quale allegra e quale triste, e che qui non ripeterò, perché sarebbe troppo lungo il dirle tutte.
Quando arrivò il turno della dama incognita, essa raccontò la sua vera storia, destando l’orrore fra tutti i cortigiani. Allora il re si alzò e disse:
– Quale castigo meritano coloro che hanno così ingannato questa bella ragazza?
Tutti ad una voce risposero:
– Che decida la regina.
La falsa regina allora, quasi svenuta e fattasi più bianca di un cencio lavato, mormorò:
– Essi meritano la morte.
– E così sia – gridò il re.
– Quattro uomini armati irruppero nella sala, strapparono la corona reale dal capo della falsa regina e la trascinarono via insieme a sua madre mentre il re presentava ai suoi sudditi la vera regina, cogli occhi color del mare, ed i capelli belli come il sole.
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