Quando l’Acquedotto Pugliese era ancora una chimera, l’acquaiolo offriva alla popolazione un importante servizio. Passa da una strada all’altra a vendere o ad offrire acqua potabile. Arrivava col suo traino o col suo carretto, trasportando una enorme botte piena di acqua, con un rubinetto alla maniera antica, ossia una specie di tubo in cuoio, inserito in un foro della botte stessa, e che si apriva o chiudeva legando e slegando semplicemente un filo di corda. Questo è un mestiere scomparso abbastanza presto, perché con le fontane pubbliche attivate nel periodo del Fascismo, ogni famiglia, pur senza avere l’impianto in casa, poteva rifornirsi di acqua potabile in ogni momento della giornata. A volte, alle fontanine, specie in estate, si vedevano file di donne e di bambini che aspettavano il proprio turno per riempire le loro “uccali, minzani, minzanieddi, sicchi e mmili”. L’acquaiolo non aveva una bottega. Il suo ambiente di lavoro era la strada. Dopo che era stato ad un pozzo sorgivo di acqua buona, preferibilmente non molto lontano dal centro abitato, dove aveva riempito la botte, passava per tutte le strade e col suo verso (“Acqua frisca, acqua bbona”), richiamava le donne che uscivano con contenitori adatti a rifornirsi di acqua potabile per la tavola ed altri usi.
“C’erano una volta i mestieri”. Pubblicazione dell’Istituto Tecnico Industriale “Del Prete” di Sava. Anno 2000.