Era l’umile mestiere del pastore, che lavorava in una masseria come craparu o picuraru. Il capraio portava le sue capre a pascolare per tutta la mattina e nel pomeriggio si recava, col suo piccolo gregge, nei vicini paesi per vendere il latte ai suoi clienti. La campanella di una delle capre avvisava della presenza del crapraru e del suo gregge, e i clienti, già pronti con il bricco si facevano versare il latte caldo e schiumoso, munto all’istante. Se la masseria era molto lontana dai centri abitati, il pastore tornava a casa una volta ogni quindici giorni. Spesso Si alzava molto presto che il sole sorgesse per mungere le pecore e le capre, e poi ogni giorno le portava al pascolo sino alla sera, dalla primavera sino alla fine dell’autunno. Aiutava i tosatori, quelli che facevano il formaggio e tante altre persone che lavoravano nella masseria. Era un lavoro umile, essendo sempre alle dipendenze di altre figure della masseria. Vi erano anche dei pastori che avevano un piccolo numero di capre e pecore, e non lavoravano nella masseria. L’ambiente preferito dal capraio o pecoraio era la campagna. Quando portava il gregge a pascolare egli si sentiva libero e non doveva dar conto a nessuno. Stava solo attento al gregge e specialmente agli agnellini. Invece era molto più duro lavorare alla masseria. Toccava a lui mettere gli animali nell’ovile, dar loro da mangiare e pulire nei giorni di pioggia o in inverno. Spesso l’unico vero amico che aveva era il cane pastore.
“C’erano una volta i mestieri”. Pubblicazione dell’Istituto Tecnico Industriale “Del Prete” di Sava. Anno 2000. La donna ieri e oggi – il vissuto nelle immagini (1880-1945). Pubblicazione dell’Istituto “L. Einaudi” Manduria. Anno 1996.