Manduria

Situata sulle Murge Tarantine, Manduria gode di un clima tipicamente mediterraneo, il che significa estati piuttosto calde, lunghe e secche, appena mitigate dal vento prevalentemente di scirocco e inverni particolarmente miti, nei quali si concentrano le scarse precipitazioni annuali, che solo rarissimamente hanno carattere nevoso. Manduria è una tra le più grandi e attive cittadine della provincia di Taranto e deve la sua floridezza e importanza al fatto di trovarsi alla confluenza delle vie di comunicazione fra i territori di Taranto, Lecce e Brindisi. Trae linfa vitale da un territorio fertile ed esteso, occupato da una fitta trama di ville rustiche e fattorie dedite ad attività agro-pastorali a economia prevalentemente agricola, si pone in un comprensorio intensamente coltivato a vigneti e oliveti che producono olii e vini pregiati, tra cui il famoso “Primitivo di Manduria D.O.C.”. Notevole l’attività editoriale e tipografica, e di alcune industrie manifatturiere collegate al territorio.

Manduria,  Preistoria ed età del Ferro

 Se incerta è l’attribuzione al territorio della città, di un’ascia paleolitica dalla Collezione Arno’, consistente è la documentazione del periodo Neolitico a “Monte Maliano”, “Borraco”, “Li Castelli”. Significative sono pure le emergenze relative all’età’ del Bronzo, cui fra l’altro si riferisce il ripostiglio di utensili metallici rinvenuto nella contrada “li Strazzati”. Al popolamento diffuso delle fasi preistoriche, fa seguito, nel periodo “iapigio – messapico”, la nascita di due nuclei abitati l’uno presso la moderna Manduria, l’altro a “Li Castelli”. In questa ultima località, notizie recenti, ma ancora ufficiose, parlano del rinvenimento di ceramica “Micenea” e ceramica greca d’importazione della seconda metà del VIII secolo A. C. Inoltre si ipotizza che, almeno per un certo periodo, “Li Castelli” abbiano potuto svolgere la funzione di avamposto fortificato sullo Ionio, dipendente dalla colonia greca di Taranto, fondata nel 703 A. C.  Il periodo Iapigio, tra Bronzo Finale ed età del Ferro, comincia appena a ricomparire, sono invece innumerevoli le evidenze che fanno di Manduria una tra le più importanti città messapiche.

L’età Messapica

La città partecipa pienamente al quadro storico relativo all’antico Salento “iapigio – messapico”, sviluppandosi e assumendo rilevanza tale da essere citata nell’opera di Plutarco, Tito Livio e Plinio. Manduria, dopo la pacifica convivenza iniziale con la vicina colonia spartana di Taranto e con le altre città greche limitrofe dell’arco ionico, inevitabilmente partecipa alle guerre che oppongono Tarantini e Messapi sin dagli inizi del V secolo A. C. Quando cominciano una serie di scontri, a motivo delle ripetute razzie tarantine per l’approvvigionamento di cavalli e di manodopera servile in terra messapica. Più o meno nel 500 A. C. si colloca la distruzione tarantina di Carbina (attuale Carovigno). Col bottino dei vinti i Tarantini fanno erigere un primo Donario bronzeo presso il Santuario di Delfi, opera dello scultore Agelades di Argo. Ma i Messapi fanno fronte comune contro i Tarantini e i loro alleati Reggini. In una battaglia indicata dalle fonti come la più tremenda sconfitta subita da un popolo greco nel 473 A. C. ottengono la loro rivincita. Un nuovo scontro, in cui i Messapi sono di nuovo sconfitti, fa seguito nel 460 A. C. Anche questa volta, Taranto celebra la sua vittoria con un gruppo bronzeo commissionato a Onatas di Egina e ad un altro scultore’ offerto ancora nel santuario di Delfi. Circa un secolo dopo Taranto  costretta dalla pressione dei Lucani e dei Messapi insieme, si rivolge a diversi condottieri stranieri, fra i quali Archidamo re di Sparta, figlio di Agesilao. Costui, alla guida degli ospiti e della cavalleria tarantina, muore in combattimento presso le mura di Manduria nel 338 A. C. Nella circostanza le spoglie del re non sarebbero state restituite ai Tarantini, un’ipotesi è quindi che la tomba di Archidamo di Sparta si trovi in territorio di Manduria, ma non è stata mai rinvenuta fino ad oggi.

L’arrivo dei romani, la II Guerra Punica, Fabio Massimo

C’è spazio per un altro cinquecento di pace, ma nella prima metà del III secolo A. C. Taranto i Messapi debbono allearsi contro le legioni romane che, già impossessatesi di tutto il territorio italico, minacciano l’estremo lembo salentino. E’ l’epoca della presenza di Pirro, re d’Epiro, il cui intervento in aiuto di Taranto e della Lega Italiota (cui dovettero aderire gli stessi Messapi), dopo alterne vicende si conclude nel nulla di fatto. Roma sottomette il Salento messapico per la prima volta nel 260 A. C. Nel corso della II Guerra Punica, Manduria e altre città messapiche e apule  si alleano con Annibale, confidando di potersi liberare della soggezione a Roma.  Una speranza vana. Nel 212 A. C., il console Quinto Fabio Massimo si impossessa di Manduria, deporta 4000 Manduriani e la priva delle sue ricchezze. Saccheggia l’intero Salento, nel 209 A. C. conquista Taranto, con un ricchissimo bottino di tesori d’arte che contribuiscono a rendere fastose le celebrazioni del suo trionfo a Roma. I Messapi tentano l’ultima disperata e inutile rivolta contro Roma attorno all’ 80 A. C., nel corso della Guerra Sociale. Contro l’ipotesi della totale distruzione di Manduria antica ad opera di Quinto Fabio Massimo, depongono ora alcuni rinvenimenti archeologici che sembrano dimostrare come, in epoca romana il suo territorio non restò deserto venendo adibito alla produzione agricola. Avviene a Manduria sostanzialmente qualcosa di simile alle limitrofe aree messapiche conquistate. Il popolamento ritorna sparso per lo più per nuclei rurali, come quello indagato dalla Soprintendenza alle Antichità di Taranto in località “La Staffa” (Manduria). Dove sembra confermata la frequentazione fino ad età Imperiale, nel III secolo D. C.

Casalnuovo

Manduria rimase per secoli sotto il dominio di Roma sino a quando i Goti si spinsero nell’Italia Meridionale capeggiati da Totila, che nell’anno 545 d.C. prese e distrusse di nuovo la città, che, dopo essere stata liberata e ricostruita dai Greci, fu preda di altri popoli barbari e distrutta diverse volte da Longobardi, Saraceni e Agareni. Dell’antica Manduria, con i suoi 30.000 abitanti, rimase ben poco. I pochi abitanti, che riuscirono a sfuggire alla schiavitù dei conquistatori, si sparsero per i casali circostanti, detti Terragna, Bagnolo, Felline, Giannangelo, San Mauro (Santo Moro) ed altri, ritornando a popolare le campagne. Tali casali sorti un po’ dovunque ebbero la funzione di riaggregare la vita comunitaria (la maggior parte di questi insediamenti medievali occupano aree o contrade già interessate da realtà insediative di epoche precedenti preistoriche, messapiche, ellenistico-romane. Quindi è evidente nelle scelte dei luoghi l’applicazione degli stessi criteri di scelta, orientati prevalentemente alla ricerca di vantaggi di tipo ambientale ed economico, a favore di contrade pianeggianti e fertili). Fra questi casali, il più consistente habitat antropologico fu il Casale di Felline, ora ridotto ad una vasta area diroccata coperta di pietrame e di erbe selvatiche. Felline doveva far parte di un sistema a base triangolare, tipico della organizzazione territoriale messapica. La sua esistenza è decretata da numerosi documenti alto-medievali e dai registri angioini. Fino all’inizio del XIV secolo esso risultava ancora abitato. Resta un mistero la causa del suo totale abbandono. Verso la fine del X secolo, unitamente ad altri territori del meridione, Manduria finì ancora sotto il dominio dei Greci il cui esercito sbaragliò definitivamente i sanguinari invasori e ridette pace e tranquillità alla nostra città, che, col solito grande coraggio, seppe risorgere a nuova vita ingrandendosi in seguito soprattutto con l’aiuto dei Normanni, che già nella prima metà dell’XI secolo avevano cacciato i Greci. Con l’instaurazione di un regno normanno nel Sud, si pongono le basi per una generale rinascita della vita civile. Manduria intorno all’anno 1090 infatti, venne riedificata da Ruggero il Normanno che la chiamò Casalnuovo (questa denominazione perdurerà sino al 1824, quando per concessione di Ferdinando IV, le sarà restituito l’antico nome). Casalnuovo, con la protezione degli Altavilla, si costituì nell’angolo sud-ovest del Pomerio, cioè nella zona tra le due cinta murarie. La scelta del sito di tale nuova aggregazione, lontano dal centro dell’antica Manduria, posta al centro della città più interna, fu dovuta probabilmente alla particolare conformazione delle mura esterne, nell’angolo di sud-ovest. All’interno delle mura, il borgo medievale presenta l’assetto viario ad andamento irregolare. Le piazze sono collegate tra loro con le porte della città. L’attuale piazza Commestibili doveva essere destinata alle attività politiche, amministrative, militari. Ad ovest, a ridosso delle mura vi era il Castello Normanno, a lato della “Porta Grande”, che probabilmente doveva essere una precedente porta messapica. Oltre a questa vi erano altre tre porte: quella a Sud detta “del mare” sull’attuale via Nettuno, anch’essa nelle mura messapiche; la “Porticella” ad Est, nel tratto di mura medievali, così come quella a Nord-Est detta del “Cavorto” posta sul fianco della Chiesa Matrice. Il fulcro della nuova cittadella, a Sud-Ovest delle antiche rovine messapiche, è la Chiesa Matrice. Solo verso gli ultimi decenni del1400 questo stupendo edificio religioso prenderà la sua forma definitiva, sullo schema di un’architettura tardo-gotica con influssi spagnoli. Completata nel 1562 la Collegiata fu un mirabile esempio della magnifica rinascita manduriana, resa possibile grazie alla spinta creativa di nuove e più dinamiche classi sociali: è in questo periodo che Manduria assumerà un’identità inconfondibile e, progressivamente, ritroverà quello slancio e quella vitalità di concreta e laboriosa realtà urbana. Autentica perla della provincia salentina i cui luccichii, come per miracolo, sono sopravvissuti nel tempo. Come la Manduria del ‘500 anche la Giudecca riveste una importanza urbanistica, sociale e religiosa della città. Il piccolo e compatto quartiere, che si incunea nel cuore del centro storico, conserva ancora le modalità abitative che corrispondevano alle esigenze di vita appartata della comunità ebraica che lo abitava. Una delle porte d’ingresso del ghetto è posta di fronte all’entrata della Chiesa Collegiata. Questa contiguità così marcata non escluderebbe un periodo di vita pacifica tra due comunità religiose, storicamente antagoniste. Appena varcato quest’arco ci si trova immersi in uno spazio claustrofobico, che fa da contenitore a piccole case addossate l’una all’altra, spesso caratterizzate da elementi architettonici inconsueti, non privi di un gusto ricercato e di un certo interesse artistico. Nel 1939 le autorità locali ottennero di cambiare il caratteristico nome di “Vico degli Ebrei” con “Vicolo Vecchio”, quasi ad esorcizzare i fantasmi di un passato ormai lontano. Gli ebrei di Manduria avevano cominciato ad abbandonare la città fin dalla seconda metà del XVI secolo, in seguito alla politica di discriminazione anti-giudaica inaugurata da Ferdinando il Cattolico nel 1492 e culminata con la Bolla Papale del 1555. Estremo graffito della presenza ebraica nel ghetto, una data incisa su una trave: 1602. All’estremo della Porta Grande vi era solo il grande piazzale ove si teneva la fiera dei prodotti agricoli mentre, antistante la Porta del Mare era il piazzale che ospitava la fiera del bestiame. Nel secolo XVI fuori le mura si formarono grossi quartieri denominati “Porticella” fuori la porta omonima; del “Rosario” a sud della chiesa omonima; “Borgo Porta Grande”, a nord dell’attuale Via XX Settembre e il quartiere “Guardarella”, a sud di detta via. L’impianto viario di tali quartieri è a reticolo ortogonale, le strade sono perfettamente rettilinee. Nel XVI secolo furono realizzati numerosi complessi edilizi con tipologie più sofisticate. Ciò come conseguenza di favorevoli condizioni economiche e politiche. In quest’epoca è ormai avviato a conclusione quel lento e costante fenomeno di inurbamento che determinò, anche nel nostro territorio, il graduale spopolamento delle campagne, a vantaggio del casale di Casalnuovo che registrò, tra il XV e XVI secolo, un notevole incremento demografico, avviandosi a divenire il nucleo originario della Manduria moderna. Nel XVI secolo, dunque, si costruiscono i primi palazzi padronali con ampie scalinate e portali rinascimentali ristrutturando spesso edifici preesistenti. Le finestre si presentano incorniciate da colonne classiche e timpano sovrastante; i cornicioni sono piccoli e finemente intagliati, le volte sono ancora a botte, però più ampie e a tutto sesto; il primo piano presenta coperture a padiglione, con lunette di vario tipo e piccoli fregi. Tra i palazzi dell’epoca i più importanti sono: quello Bonifacio, Palazzo Giustiniani in prossimità del Ghetto degli Ebrei, Palazzo Corcioli-Giannuzzi, Palazzo Pasanisi in Via Omodei, Palazzo Dimitri, in Vico M. Gatti, Palazzo ora Gigli in Via M. Imperiali. La Chiesa Matrice nel secolo XVI fu ristrutturata ed ampliata; si costruirono: le volte delle navate laterali a padiglione, lunettate, la volta a crociera del transetto, l’abside, un vano della sacrestia, il portale, il rosone e tanti altri elementi. Sotto l’impianto generale rimase immutato e il campanile conservò i segni del tardo-gotico del ‘400. Tra i portali rinascimentali, appartenenti ad edifici posti fuori le mura c’è quello del n° 2 di Via G. L. Marugj, l’arco detto di Sant’Agelo (1570), il portale della cappella della Misericordia e quello della chiesa dell’Annunziata. Nei secoli XVII e XVIII si costruì una notevole serie di edifici religiosi e civili che ancora oggi caratterizzano l’immagine dell’intera città: quasi tutte le chiese attuali, nonché numerosi pregevoli palazzi barocchi. Alcuni di essi furono posizionati immediatamente all’esterno delle mura, restringendo i piazzali citati su cui si tenevano le fiere. Risulta che ai primi del ‘600 solo alcuni edifici privati esistevano sulla fascia esterna aderente alle mura, nei tratti a Sud-Est e a Sud-Ovest.

Entrando nella città, le statue dell’Immacolata, di San Gregorio Magno e di San Carlo Borromeo si stagliano accoglienti sull’arco d’ingresso, come se volessero suggerire al visitatore una chiave di lettura dello spazio urbano nei termini metatemporali del sacro. E questa sacralità è suggellata dalla trasfigurazione naif del dramma universale del Calvario, esempio limite della tradizione popolare barocca. Quasi a costituire un maestoso anello di congiunzione tra il centro storico e la parte moderna della città, si erge su Piazza Garibaldi la possente mole di Palazzo Imperiali. Michele Imperiali, che aveva sposato una ricchissima nobildonna della famiglia Grimaldi, fece costruire l’attuale palazzo proprio sulle mura e sul fossato in quanto, evidentemente lo spazio ricavato dalla demolizione del castello normanno non bastava. Questa stupenda opera di altissima ingegneria civile attribuita all’architetto leccese Mauro Manieri che ha lasciato sbalorditi ed ammirati tutti i visitatori che sono passati per Manduria. Nel 1727 re Ferdinando IV, durante un suo viaggio nel Salento, espresse su questo palazzo un paragone oltremodo lusinghiero con la sua Reggia Napoletana. Qualche decennio più tardi il Marchese Ceva Grimaldi, futuro ministro degli interni del Regno delle Due Sicilie, avrebbe confermato il giudizio del vecchio sovrano con questo lapidario commento: il Palazzo dei Principi di Francavilla è così magnifico che farebbe ornamento di una gran capitale. L’elegante ringhiera in ferro battuto si rigonfia all’esterno in un sinuoso movimento a petto d’oca e, percorrendo in tutta la sua lunghezza la parte meridiana della facciata, tende a dare una nota di sfarzo contenuto alla severità del prospetto.

Con questa costruzione, peraltro incompiuta e da annoverare come episodio edilizio più significativo della Manduria del XVIII secolo, gli Imperiali intesero celebrare l’apogeo della loro potenza economica e il loro alto lignaggio nella maniera più spettacolare e grandiosa. Dopo la morte dell’ultimo erede della casata il palazzo passò al regio fisco per poi diventare pacifica dimora borghese. L’esempio fu seguito e furono realizzati i palazzi di proprietà De Laurentiis, Della Valle, Schiavoni ed altri. Alcuni di questi edifici, dietro le facciate neoclassiche, ottocentesche, conservano l’originario organismo edilizio. Nel secolo XIX si “abbellirono” con facciate neoclassiche alcuni edifici precedenti, si completò Via XX Settembre con l’inserimento di edifici neoclassici, quasi tutti in stile neorinascimentale e se ne realizzò, nel 1864, la pavimentazione. Analoghi edifici furono costruiti su tutte le traverse di Via XX Settembre, soprattutto in grandi giardini preesistenti. Il centro storico fu interessato, nel secolo scorso, da opere di ricostruzione e di parziale sostituzione, chi poteva realizzò il primo piano, servito da scale più larghe, facendo posto, a piano terra, alle rimesse e ai depositi. Furono abbattute le ultime due porte medievali: “Porticella” (1870) e del “Cavorto” (1868).

Chiudiamo queste brevi ed incomplete note ricordando che esse sono frutto della nostra osservazione diretta. Dalla dominazione normanna in poi, la città ha continuato a progredire ed espandersi prima sotto il Principato di Taranto, poi sotto il Regno di Napoli con Svevi, Angioini, Aragonesi e Borboni finché nel 1789, su precisa volontà dei suoi cittadini, re Ferdinando IV non le restituì l’antico e glorioso nome di Manduria. Un nome che nel corso dei secoli ha sempre prodotto illustri letterati e cattedratici, artisti e uomini di scienza, prelati e patrioti: da Lupo Donato Bruno a Ferdinando Donno, da Castorio Sorano al Cardinale Ferrari, Da Diego e Matteo Bianchi a Vincenzo Filotico, dal Senatore Lacaita a Nicola Schiavoni, a Francesco Prudenzano a Giuseppe Gigli e Gian Leonardo Marugj, l’uomo illustre dal quale la nostra scuola prende il nome.

Tardo Antico, Medioevo

Il Tardo Antico e l’Alto Medioevo, in una Manduria di per sé già oltremodo impoverita, sono fasi oscure, caratterizzate dalla scorrerie e dai saccheggi ad opera di Saraceni, Goti  ed Agareni, come di consueto narrano gli autori di Storia Patria. Per ricostruire le vicende nei secoli che dividono dalla sua rinascita, nel 1090 col nome di Casalnuovo (per volontà di Ruggiero il Normanno), vanno prese in considerazione e attentamente studiate le molte tracce di popolamento sparse in tutto il territorio cittadino. tracce di vita di epoca medioevale sono state recuperate attorno alla chiesetta di S. Pietro Mandurino e attorno al Fonte Pliniano. Ed esistono tracce ed anche citazioni in documenti sui Casali di “Bagnolo”, “S. Anastasio” e “S. Sebastiano”. Ruggiero il Normanno, nonno di Costanza d’Altavilla, madre di Federico II, nell’ambito dell’iniziativa di rafforzamento e ripresa delle terre conquistate, verso la fine dell’XI secolo A. C., avvia lo sviluppo del piccolo nucleo di Casalnuovo. Questo nome da’ il capostipite della famiglia Normanno – Sveva al piccolo borgo medioevale che viene edificato nella parte sud – occidentale della città antica, al riparo delle ancora possenti Mura Messapiche di Manduria. Sorgono il Castello e la Chiesa medievali ed il piccolo abitato di povere case noto, da allora, come “la Terra”. Un muro difensivo che cingeva Casalnuovo ad Est, all’epoca di Ruggiero, e’ stato individuato di recente tra scantinati e giardini di edifici attuali. L’impianto medioevale si manifesta inoltre nella strutturazione di piazzette, “larghi” e “vicini” del Centro Storico.

‘500, ‘600 ed Età Moderna

Nel Cinquecento e nel Seicento Casalnuovo conosce una fase di sviluppo, si accresce anche verso Est, fuori “la Porticella”. Si assiste a una considerevole espansione demografica e urbanistica. La città moltiplica di molto la sua misera popolazione iniziale. Anche il Settecento e’ un periodo di crescita civile, culturale, urbanistica. Nel 1730 viene ultimato il maestoso Palazzo Imperiali, dimora di Michele II, ultimo discendente della famiglia feudataria che ebbe Casalnuovo (Manduria) fra i suoi domini sin dalla fine del Cinquecento. Casalnuovo, già proprietà del principe di Taranto, Giovanni Antonio del Balzo Orsini, discendente dei conti Normanni, passa al Bonifacio, poi al Cardinale di Milano San Carlo Borromeo, il quale la rivende alla famiglia genovese degli Imperiali per distribuire, si dice in un solo giorno, i ventimila scudi ricevuti, per beneficenza ai poveri. “Imperiali” tengono Casalnuovo fra le loro proprietà sino alla prima parte del XVIII secolo. Michele II muore poi senza discendenza e la città passa al demanio borbonico con tutto il feudo rivenduto all’asta. Nel 1789 l’università’ di Casalnuovo ottiene di tornare a chiamarsi con l’antico nome di Manduria dal re Ferdinando IV di Borbone. Dunque un’avvincente trama storica, susseguitasi ininterrottamente sin dall’antichità’, cui corrisponde la vita sociale e civile conosciuta dalla città nel suo passato, valorizzata dalla presenza di innumerevoli figure di notabili, eruditi, studiosi che seppero darle lustro, alcuni dei quali per i loro meriti si ritagliarono una loro notorietà in Italia e all’estero. A questa sua ricchezza storica e culturale Manduria si sforza oggi di dare un’immagine moderna, cosciente che attraverso i diversi progetti di ricerca, valorizzazione, restauro, passa probabilmente la “chance” più importante del suo sviluppo. 

Il Centro storico

Il centro storico di Manduria è abbastanza grande e si sviluppa in una serie di stradine strette e contorte (è molto facile perdersi se non si conosce bene il luogo). Tra i monumenti principali che si trovano in questa area vi sono la chiesa Collegiata romanica (meglio conosciuta come Chiesa Madre), il ghetto ebraico di epoca medievale, la torre dell’orologio, palazzi dall’aspetto gentilizio costruiti in varie epoche e tratti dell’ antica cerchia muraria messapica. Recentemente alcuni scavi hanno portato alla luce tombe, vasi e monete del periodo romano; ciò è accaduto anche altre volte vista la storia millenaria della città.

Porte Urbane  nelle province di Brindisi, Lecce, Taranto, Bruno Perretti, Barbieri Editore 1997.

Lingue e dialetti

Il dialetto manduriano è una variante del salentino parlata esclusivamente nel territorio del comune di Manduria. È molto influenzato dal dialetto brindisino, ma ha anche alcune affinità con il dialetto leccese.

Frazioni

Le frazioni principali del comune di Manduria sono Uggiano MontefuscoSan Pietro in BevagnaSpecchiarica e Torre Colimena. Queste sono molto differenti tra di loro poiché mentre Uggiano Montefusco è una località di residenza, San Pietro in Bevagna e Torre Colimena sono delle località balneari, importanti per l’economia del comune.

Economia

L’economia di Manduria è basata per la maggior parte sull’agricoltura ed in particolare sulla produzione del vino DOC Primitivo e dell’olio DOP. Il Primitivo, prodotto solo in questa zona, famosissimo in tutta Italia, viene anche esportato in California, che, per il clima simile, produce del vino con caratteristiche molto vicine.

Clima

La città di Manduria sorge in una fertile piana che si estende ad est sino alla cittadina di Oria e ad ovest verso le basse colline del “Diavolo” che fungono da spartiacque tra il microclima costiero e quello più continentale dell’entroterra. La temperatura media annua si attesta sui 16.5°-16.7°. D’inverno non sono rari episodi di gelo notturno specie durante periodi anticiclonici, d’estate sovente la colonnina di mercurio può superare i 40° con picchi eccezionali di 43°-44° quanto si attivano caldi e secchi venti settentrionali. La piovosità media nel periodo 61′-90′ è stimata in 610mm, la nevosità tra 30 e 40 mm annui.i gelo notturno specie durante periodi anticiclonici, d’estate sovente la colonnina di mercurio può superare i 40° con picchi eccezionali di 43°-44° quanto si attivano caldi e secchi venti settentrionali. La piovosità media nel periodo 61′-90′ è stimata in 610mm, la nevosità tra 30 e 40 mm annui.

Curiosità

Gli abitanti di Manduria, vengono da tempo denominati “Manciacani” (mangia cani), tale denominazione si fa risalire ai tempi della grande guerra, in cui, si narra, che gli abitanti colpiti dalla miseria fossero costretti a mangiare i cani. Tuttavia nessuna fonte ufficiale ha dimostrato ciò. Pertanto tale nomina è tramandata come “leggenda metropolitana”. Altro soprannome dato ai manduriani è Sona Campani.

Manduria conta 31.747 abitanti (Manduriani) e ha una superficie di 178,3 chilometri quadrati per una densità abitativa di 178,0 abitanti per chilometro quadrato. Sorge a 79 metri sopra il livello del mare.

Cenni anagrafici: Il comune di Manduria ha fatto registrare nel censimento del 1991 una popolazione pari a 31.453 abitanti. Nel censimento del 2001 ha fatto registrare una popolazione pari a 31.747 abitanti, mostrando quindi nel decennio 1991 – 2001 una variazione percentuale di abitanti pari al 1%.

Cenni geografici: Il territorio del comune risulta compreso tra i 0 e i 126 metri sul livello del mare. L’escursione altimetrica complessiva risulta essere pari a 126 metri.