Manduria scossa dal terremoto, salvata dall’Immacolata.

È come se Manduria fosse stata destinata a subire ogni sorta di disgrazia. Questa città umile e contadina, che ha sempre dovuto lottare per conquistare ogni cosa, si è ritrovata a doversi scrollare di dosso le macerie per vivere la vita di ogni giorno, malgrado le circostanze. Purtroppo, furono molti e diversi gli eventi negativi che gravarono sulla nostra cittadina, e numerose furono le tradizioni popolari nate da improvvise vicende che scossero Manduria. Forse fu per pura coincidenza che gli usi si armonizzarono perfettamente con ogni calamità naturale o epidemia che colpiva Manduria. Alcuni riti religiosi, ad esempio, venivano celebrati dalla gente nei momenti di bisogno. Si cercava conforto nella preghiera, affinché tutto ciò che di tragico accadeva a Manduria potesse avere fine. Una delle tante singolari manifestazioni spirituali di questo tipo si verificò in occasione di un terribile terremoto.

Alle ore 23:30 di mercoledì 23 febbraio 1743, la terra tremò per quasi 7 minuti. Il sisma interessò la Dalmazia, la Sicilia, la provincia di Bari e la Terra d’Otranto. Nel Salento e nei dintorni, il violento terremoto causò molte distruzioni e vittime. A Nardò perirono centinaia di persone e la città fu demolita. Francavilla contò 8 decessi. Nella nostra città, invece, vi fu una sola vittima, sepolta sotto le macerie: una giovane donna di nome Angela Argenero, il cui cadavere fu seppellito nella chiesa madre. Anche se lo smottamento tellurico non fu tanto intenso come altrove, a Manduria molte case furono distrutte dalla violenza del terremoto; tra esse, anche alcuni edifici e stabili importanti subirono gravi danni. Il palazzo Imperiali crollò nella sala d’aspetto, mentre quello del Marchese Bonifacio fu distrutto per metà. Della Collegiata andò distrutta la tettoia (che rimase sconnessa) e metà del campanile, il cui crollo sotterrò le case circostanti. Più tardi, i lavori di restauro, abbellimento e ingrandimento della Chiesa Madre furono affidati a mani esperte di restauratori dell’Università di Casalnuovo, mentre agli intonaci provvide il clero. Subirono danni anche il convento dei Passionisti Servi di Sant’Angelo e le strutture delle Religiose Servite, dove le pareti si lesionarono. A causa della terrificante scossa, quella notte d’inverno, molte persone trascorsero la notte all’aperto, prese dal panico, mentre alcune si allontanarono dalla città per rifugiarsi nelle più sicure campagne. Il giorno successivo alla tragedia, il popolo manduriano si adoperò per sgomberare tutte le macerie. In preda allo sgomento per quanto accaduto e temendo un nuovo sisma, i nostri concittadini si recarono piangendo verso la chiesa dell’Immacolata per invocare la protezione della Madonna, che, come sempre, non deluse i suoi fedeli. Manduria, infatti, non fu turbata da ulteriori movimenti tellurici. Questo fu attribuito a un miracolo dell’Immacolata. Tale prodigio spinse la congrega di S. Leonardo a titolare la scultura della SS. Vergine con l’appellativo di “Madonna del Terremoto” e a festeggiarla il 21 febbraio con una processione che si è celebrata fino a 40 anni fa. La statuetta che la raffigura, detta “Maculatedda” per le sue modeste dimensioni, è posta in una nicchia della chiesa di S. Leonardo. La devozione dei manduriani nei confronti della SS. Vergine è sempre stata molto ardente. Ne sono testimonianza le varie opere edificate in onore dell’Immacolata, affinché questa continuasse a preservare la città dalle numerose sciagure. L’omonima chiesa, già eretta intorno al 1660, divenne successivamente (nel 1664) un rifugio spirituale per la città, funestata da un’altra sventura. Lo stesso “Arco di Sant’Angelo”, eretto dalla città per affidare Manduria nelle mani della Vergine Maria, fu costruito in segno di gratitudine per la sua intercessione nella liberazione dai fulmini. Tutte queste opere e altre ancora sono divenute simboli importanti di gratitudine verso la Madonna, da sempre riferimento per gli smarriti, guida per i fedeli e conforto per gli afflitti.

Walter Pasanisi