Monte del Diavolo e Pietra Cappa.
Cristo non si è fermato a Eboli, semmai vi sarà transitato, continuando il suo viaggio verso il sud dello Stivale, in Calabria. A Natile Superiore si è fermato, ma solo per qualche istante; avrebbe potuto proseguire verso Ciminà, passando per Platì o San Luca. Tuttavia, in quel luogo ha lasciato un segno: un monolite immerso nell’Aspromonte, Pietra Cappa, il monolite più alto d’Europa (occupa circa 4 ettari di terreno e svetta per oltre 100 metri in altezza). Incastonata nel fitto Aspromonte, avvolta dal fascino assoluto del luogo, Pietra Cappa è circondata da una fitta vegetazione di eriche, lentisco, mirto, corbezzolo, castagno, lecci, cespugli di menta e origano, capaci di sprigionare profumi selvatici, ancora non intaccati dalla mano dell’uomo. Osservando Pietra Cappa, quel crostone cinereo suscita mistero e timore, eppure la sua forma evoca un dolce natalizio: il panettone.
Una leggenda narra che il Messia, durante le sue predicazioni, si fosse recato lì con i discepoli, chiedendo a ognuno di raccogliere dei massi per penitenza. Pietro, per non affaticarsi troppo, raccolse solo un ciottolo e, quando Cristo trasformò i grossi minerali raccolti in fumanti pagnotte, capì la lezione e lasciò il piccolo sasso come ricordo del proprio errore. Sfiorandolo poi con un dito, Cristo lo fece lievitare fino a farlo diventare un gigantesco monolite.
Un’altra leggenda narra che, mentre Gesù meditava su una pietra in Calabria, venne assalito dal demonio, che iniziò a perseguitarlo duramente. Il Signore, però, non cedette alla tentazione e si liberò dal male con il solo segno della croce. Secondo questa leggenda, il diavolo, intollerante al segno divino, venne scaraventato violentemente contro Pietra Cappa, lasciando così un’impronta che resiste al tempo.
Un rilievo distante circa quattrocentoquaranta chilometri da Pietra Cappa, ma situato nel territorio di Manduria, è il Monte dei Diavoli (o del Diavolo), che con i suoi 117 metri s.l.m. è il quarto per altezza delle Murge Tarantine. Il monte, dedicato al Diavolo, è una particolare formazione rocciosa che si erge isolata nel bel mezzo di una vasta zona pianeggiante, dominata da una macchia mediterranea ancora incontaminata, situata tra il bosco dei Cuturi e la zona archeologica Li Castieddi. Il Monte è circondato da una vasta macchia mediterranea, dove è possibile trovare aree di prato con vegetazione selvatica, folta e bassa. L’altura del Diavolo si innalza con il suo aspetto selvaggio, brullo e aspro, e, per l’alone di mistero che lo circonda, appare “diabolico”, incutendo timore, tanto da alimentare antiche storie e leggende, simili a quelle che aleggiano sul monolite dell’Aspromonte. In passato, questo rilievo era chiamato “Tremulu”, che significa “tremore”, probabilmente a causa della leggenda secondo cui il Monte dei Diavoli tremava. Si è ipotizzato che il fenomeno geologico fosse di origine vulcanica, in quanto alcune pietre posizionate in cima sono di colore grigio e si sfaldano facilmente, come se fossero state cotte dal fuoco.
È possibile che questo luogo, trovandosi vicino a un insediamento messapico abitato tra l’VIII e il III secolo a.C., abbia rappresentato una sorta di pritaneo, ossia l’edificio delle città dell’antica Grecia in cui si custodiva il fuoco sacro e si svolgevano i sacrifici comuni. Situato nel punto più alto del territorio, vi erano accolti a banchetto gli ambasciatori e, a vita, i cittadini ritenuti particolarmente meritevoli. La fiamma era sacra per i pagani, rappresentava il principe della morte per gli ebrei e il simbolo dell’inferno per i cristiani. Il De Giorgi, nel suo libro Le specchie in Terra d’Otranto, indica in questo rilievo la presenza di una specchia, che avrebbe dato il nome al Monte dei Diavoli. Sempre secondo il De Giorgi, questa specchia dominava su altre specchie, come Specchiarica, Torre Bianca Piccola e Schiavoni, sebbene su questa sporgenza rocciosa non siano state trovate strutture che suggeriscano l’esistenza di una specchia.
Walter Pasanisi