I versi che seguono sono tratti dalla poesia M’è pparsu nnu suennu sbiju ( = ‘M’è sembrato un dormiveglia’), contenuta in Štiddi – poesie in dialetto mandurino, di Cosimo Greco.
« (…) šta faci arbi / cittu cittu / si menti l’abbutu la luna / e llu cori si scamisa / alla marina (…) sobbra lli munti / ticunu lu rusariu / li sciannibbuli / nfilati a crona / e la cicala canta / l’Ai Maria / e si crapenta / Crištu no si spramenta / sobbra šta rena (…) ».
« (…) fa l’alba / in silenzio / si mette l’abito la luna / e il cuore si scamicia / alla marina (…) sopra i monti / recitano il rosario / i ginepri / infilati a corona / e la cicala canta / l’Ave Maria / e si crepa / Cristo non si spaventa / sopra questa rena (…)»
Albero e frutto del ‘Ginepro coccolone’ (così chiamato perché i suoi frutti vengono denominati anche ‘coccole’), pianta caratteristica delle dune del nostro litorale, con foglie aghiformi e falsi frutti detti ‘galbuli’, rotondi, pruinosi, con odore di resina.
In passato, i sciannìbbuli venivano usati dai bambini a mo’ di biglie, per giocare in riva al mare.
Fonti orali (B.L. e D.V, 85 anni) attestano che da giovani è stato loro riferito un uso particolarissimo dei ‘galbuli’: la realizzazione, da parte dei frati francescani di Manduria, di coroncine di rosario utilizzando, per i grani, proprio i galbuli della pianta di ginepro. Essi venivano fatti essiccare, forati con la lèsina (nel dialetto locale ssuja) e infilati, alternandoli con molta perizia a dei piccoli nodi che li sostenevano, in un cordoncino terminante con una piccola croce in legno. Alla luce di ciò, appare suggestiva e poeticamente aderente, nei versi citati e anche nella realtà di un tempo antico, l’immagine «sobbra lli munti / ticunu lu rusariu / li sciannìbbuli / nfilati a crona».
A San Pietro in Bevagna, marina di Manduria, in via dei Susini, è presente un albero plurisecolare, tanto grande da essere chiamato dai contadini lu mbracchiu, ‘l’ombracolo’, perché la sua chioma, in passato, serviva da riparo per loro e per gli animali da soma.
Termine dimenticato, il cui uso e comprensione appaiono fortemente circoscritti in contesti popolari, sciannìbbulu, dall’ambito botanico è passato a indicare figurativamente un individuo (un bambino o un giovane adulto) di piccola corporatura, ma perspicace, con abilità insospettabili per età, condizioni di vita e quant’altro: «štu sciannibbulu, quantu nn’ai!» ( = vedi un po’ questo pezzettino da quattro soldi di cosa è capace!).
Etimologia — Il nome scientifico del ‘Ginepro coccolone’ è Juniperus oxycedrus. Fra i nomi comuni con cui esso è conosciuto, ‘innibolo’ è quello che si avvicina maggiormente alla forma invalsa nel dialetto manduriano, come riportato nel ‘Catechismo agrario ad uso delle scuole elementari stabilite nelle comuni del Regno di Napoli’ del cav. Luigi Granata (1841). Con lo stesso nome dialettale sciannìbbulu, vengono indicati anche il ginepro comune (Juniperus communis) e il ginepro fenicio (Juniperus pohenicea).
BIBLIOGRAFIA
Greco C., Štiddi – poesie in dialetto mandurino, ed. Giuseppe Laterza, Bari 2007; Nardone D., Ditonno N.M., Lamusta S., Fave e favelle — Le piante della Puglia peninsulare nelle voci dialettali in uso e di tradizione, Centro di studi salentini, Lecce 1012; Brunetti P., Vocabolario essenziale, pratico e illustrato del dialetto manduriano, Graphica PB&C, Manduria 1989.

