Viaggio nei ricordi dei bambini di qualche anno fa: i mitici gelati artigianali ti la “Parma”.

Provate a immaginare, o a ricordare, una calda domenica d’estate degli anni Cinquanta e Sessanta. Liberi da impegni scolastici o lavorativi, tutti i bambini si ritrovavano a giocare per strada. I giochi iniziavano al mattino, si intensificavano nel pomeriggio e proseguivano fino a sera. Solo una persona era in grado di distogliere i bambini dai loro passatempi. Biglie colorate, “tuddi”, “curri” e palloni si fermavano al comparire di una figura femminile di statura imponente che, avvicinandosi con una strana bicicletta attrezzata per la vendita del gelato, richiamava l’attenzione dei piccoli con il suono di un campanello. Qualcuno ricorderà sicuramente quella donna, nota con il soprannome di “Parma ti li gelati”. Era un momento di festa per tutti, tranne che per le mamme, impotenti di fronte alle lagnose richieste dei figli. Eh sì, perché bastava che un solo bambino desiderasse “lu picciu ti lu gelatu”, che il desiderio si diffondesse a tutti gli altri. Spesso le madri, riunite in cerchio per strada, cedevano alle insistenze dei loro fanciulli, anche se questo poteva risultare costoso, considerando che ogni famiglia aveva una media di 3-4 figli da accontentare. Il cono piccolo costava 5 lire, ma qualcuno osava comprarne uno da 10. Solo chi poteva permetterselo acquistava quello da 20 lire, offerto in un contenitore più grande anziché nel cono piccolo. Addirittura, con 20 lire si poteva gustare il gelato con un cucchiaino di plastica! Gli altri si accontentavano di leccarlo con vero gusto. La “Parma” produceva il gelato artigianalmente in un piccolissimo locale di pochi metri quadrati, ubicato in Piazza Garibaldi. L’attività lavorativa iniziava all’alba. Il gelato veniva preparato con uno strumento artigianale (molto diffuso a quei tempi) in cui veniva introdotto il ghiaccio, poi macinato con un tritatutto azionato a manovella. Da un imbuto di rame, invece, venivano versati gli ingredienti al gusto di fragola, crema, cioccolato e limone. Il ghiaccio veniva fornito e prodotto dal sig. Quero, titolare di un opificio sito in Via Dei Maraschi, uno dei pochi fornitori all’ingrosso della zona. A quei tempi poche famiglie possedevano un frigorifero e, per evitare che il ghiaccio si sciogliesse, lo conservavano in casse di zinco. D’inverno, la “Parma” vendeva dolciumi e caramelle, lavorati artigianalmente dal marito, il sig. Giuseppe Dimitri, che aveva anche una bancarella allestita in Piazza Garibaldi. Gli estratti, a base di zucchero e aromi, venivano prodotti a Milano e recapitati a destinazione tramite posta. La produzione delle caramelle e dei dolciumi avveniva bollendo lo zucchero. A cottura ultimata, si aggiungevano gli aromi e, con un gancio metallico, si arrotolava il composto più volte per far combinare meglio gli ingredienti. Gelati, granite e caramelle potevano essere acquistati anche nei numerosi chioschi in legno, diffusi in tutta la città. Soprattutto la domenica si era costretti a fare la fila presso il locale del sig. Biasco (situato in Vico Commestibili) o affrettarsi a gustare, prima che finissero, le granite di “Pepè” (chiosco situato in Piazza S. Angelo, dove attualmente sorge il Bar Diurno).

Walter Pasanisi. Liberamente. Quindicinale di informazione, cultura e sport. Anno III. N.22. Testimonianza orale del sig. A. Dimitri.