Viaggio nella Manduria carbonara.

Diffusosi dapprima nel Mezzogiorno italiano, a differenza del brigantaggio, il movimento reazionario della carboneria si contrappose prima alla politica antibonapartista (1807-1810) e poi al potere del vecchio Regno Borbonico (1820-1848), combattendo per l’unità d’Italia. Le masse risposero con impeto solo in un secondo momento, dando vita a rivolte. Scoppiarono così i tumulti, primi fra tutti quelli di Napoli. Anche in Puglia vi furono fermenti e vari moti furono stroncati. La stessa Manduria non restò indifferente alle manifestazioni del tempo, anzi ebbe un ruolo primario nella lotta deflagrante del Meridione. Già alla fine del 1700, nella nostra città, vi furono focolai di patriottismo e congiure che sfociarono nell’insurrezione del marzo 1794. Solo tra gli anni 1820-21, però, comparve la prima setta carbonara, la “Vendita”, di cui fecero parte, tra gli altri, Giuseppe Camerario, Gaetano Gatti, Salvatore e Pompeo Pasanisi. Colui che meglio rappresentò gli animi dei liberali manduriani, trepidanti di libertà e indipendenza, fu l’arciprete Marco Gatti, che, in seguito alla pubblicazione di un’opera inneggiante alla libertà, fu destituito dalla cattedra di Letteratura. Una singolare forma di propaganda sovversiva venne attuata dal cospiratore calabrese Agostino Caputo. Venditore ambulante di dolci in fiere e mercati, a Manduria, Caputo trafficò pupi di zucchero raffiguranti Pio IX, Mazzini e Garibaldi, e diffuse tra il popolo lettere sobillatrici. Non tutti i manduriani, però, erano di idee liberali. Alcuni, infatti, restii al cambiamento, venivano sbeffeggiati e indicati dalla gente come “ciaurri” o “giaurri” (dal turco “giaur”, infedele). Il vero fermento rivoluzionario manduriano coincise con le insurrezioni nazionali. Tutto ebbe inizio con Romeo nella primavera del 1848. Domenico Romeo, rivoluzionario calabrese, era venuto in Puglia per reclutare uomini e farli combattere per la causa comune: la libertà. Il 15 maggio dello stesso anno, Romeo giunse nella nostra città e tenne un comizio nella sagrestia della chiesa dell’Immacolata (già covo dei carbonari di Manduria). Davanti ai numerosi presenti, egli disse che molti nel Sud avevano già imbracciato le armi per sostenere la rivolta. Quell’acceso discorso esaltò i manduriani, tanto che il popolo portò il rivoluzionario in trionfo per le vie della città, applaudendolo calorosamente. Il giorno seguente, Romeo lasciò Manduria per continuare il suo viaggio e recarsi a Lecce. L’indomani, però, gli animi dei manduriani si spensero. Da Napoli giunsero notizie sconcertanti circa le insurrezioni popolari, represse dai Borboni. Tra la gente ci fu uno scontento generale e l’esuberanza popolare si acquietò, forse perché non vi era più nessuno che stimolasse quelle masse. Non si era placato, però, l’animo di un illustre manduriano, Nicola Schiavoni, che, spinto dallo spirito patriottico, partì alla volta di Lecce per raggiungere Romeo. In questa città, proclamò un governo provvisorio insieme ad altre personalità, quali il Duca Castromediano e Mazzarella. Il 20 maggio, Schiavoni tornò a Manduria per costituire anche qui un governo provvisorio ed esortare i suoi concittadini alla rivolta. Accolti con ardore dai manduriani, il giorno seguente Schiavoni e il canonico Filotico tennero, nel porticato dell’attuale Palazzo di Città, un pubblico comizio, invitando i cittadini a non scoraggiarsi per le notizie provenienti da Napoli. Anzi, presero l’iniziativa per nominare i componenti del comitato per l’istituzione di un governo provvisorio. E così fu fatto. Si festeggiò l’evento, facendo esibire la banda musicale per le vie della città, affollate da manduriani esultanti. Purtroppo, il comitato non durò a lungo: lo stesso Schiavoni, infatti, tornò poco dopo a Lecce. Intanto, i “ciaurri” cospiravano contro i liberali manduriani, favorendo l’intervento delle truppe del Generale Colonna. Cominciarono, dunque, le ondate repressive. Il 2 settembre, (data significativa per Manduria, poiché ricorrevano i solenni festeggiamenti in onore del santo patrono), fu arrestato in piazza il giovane Giuseppe Sbavaglia, agguerrito combattente durante i moti napoletani. Stessa sorte toccò, più tardi, a Schiavoni, che fu arrestato dalla Guardia Nazionale di Manduria, il 14 settembre. L’ultimo ad essere acciuffato fu il canonico Filotico, che riuscì a nascondersi per lungo tempo nelle macchie di S. Pietro. Tanti altri furono i patrioti che vennero incarcerati o esiliati: Manduria li ricorda con una lapide all’interno del palazzo che ospita la biblioteca civica. L’epigrafe commemorativa testimonia la gloria eroica di quella Manduria che, in epoche diverse, non si è mai sottratta agli avvenimenti più importanti che hanno caratterizzato la storia della penisola.

Walter Pasanisi